Il sindacato sa bene di cosa sta parlando. Da quando in gennaio la Banca nazionale svizzera ha deciso di abbandonare il tasso minimo di cambio euro-franco i suoi telefoni continuano a squillare. Sono lavoratori che chiedono consiglio perché nelle imprese vengono introdotti peggioramenti. Sono ormai decine le imprese, spesso anche di grosse dimensioni, che hanno deciso di far lavorare di più i loro dipendenti per la stessa paga. C’è chi ha ridotto i salari e chi vuole versare ai frontalieri stipendi in euro. Altri giocano con la pericolosa idea di trasferire all’estero posti di lavoro.
Manca trasparenza
La situazione è tutt’altro che trasparente. Certo ci sono imprese per le quali la situazione è difficile, ma altre cercano sicuramente di approfittarne per ridurre i costi visto che contemporaneamente hanno annunciato risultato brillanti per il 2014, buone prospettive per l’anno in corso e dividenti in forte crescita per i loro azionisti. In Ticino e a Ginevra, Unia non ha esitato a difendere i lavoratori scesi in sciopero. Il sindacato ha voluto far sentire la sua voce anche in occasione del dibattito parlamentare. Ha improvvisato un’azione simbolica davanti a Palazzo federale. Con l’aiuto di una macchina per triturare ha ricordato come la BNS stia mandato a pezzi tanti posti di lavoro in Svizzera. Ha quindi invitato i deputati a far in modo che la Banca nazionale faccia il suo lavoro e sostenga la congiuntura in Svizzera.
Pericolo di recessione
Compito della BNS – ha ricordato Unia – è di garantire prezzi stabili e condizioni che favoriscono la congiuntura. Invece abbandonando il cambio minimo la BNS ha intaccato la stabilità dei prezzi e l’economia rischia persino di cadere in recessione. Per il sindacato il franco va nuovamente difeso. Se i responsabili della Banca nazionale non sono disposti a farlo, allora per Unia è chiaro che devono dimettersi.