Il Consiglio nazionale apre la strada a una pericolosa deregolamentazione

Oggi il Consiglio nazionale ha adottato l’iniziativa parlamentare Burkart (Iv. pa. 16.484). Un titolo apparentemente innocuo, «Maggiore libertà organizzativa in caso di lavoro da casa», cela un grave attacco alla legge sul lavoro. L’iniziativa apre la strada a giornate lavorative di 17 ore, periodi di riposo di sole 9 ore, interruzioni del periodo di riposo e lavoro domenicale non soggetto ad autorizzazione. Unia condanna questa decisione, che mina le protezioni fondamentali a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, e chiede alla Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati (CET-S) di respingere in modo inequivocabile il progetto.

Una definizione vaga che interessa milioni di lavoratrici e lavoratori

È sufficiente avere orari di lavoro flessibili di un’ora al mattino e un’ora al pomeriggio per rientrare nella deregolamentazione. Il progetto di legge non è applicabile esclusivamente alle persone che lavorano da casa. Interessa tutti coloro che hanno concordato con il loro datore di lavoro (anche solo verbalmente) di svolgere una parte delle proprie mansioni al di fuori del luogo di lavoro. Questa definizione volutamente vaga consentirebbe ai datori di lavoro di sottoporre due o tre milioni di lavoratrici e lavoratori di tutti i settori a un regime di protezione ridotto. La regolamentazione potrebbe essere applicata anche a un agente di sicurezza che sorveglia un’area da remoto a casa o a un’addetta alle cure sociosanitarie che svolge compiti amministrativi tra due visite a domicilio.

Falsa narrativa focalizzata sulla conciliabilità tra lavoro e vita privata

Il Consiglio nazionale e il Consiglio federale sostengono che una maggiore flessibilità del telelavoro favorisca l’equilibrio tra lavoro e vita privata. In realtà, è vero il contrario. Estendendo l’orario di lavoro possibile a 17 ore al giorno e riducendo il tempo di riposo a sole 9 ore, il progetto fa sì che le lavoratrici e i lavoratori debbano essere disponibili per i loro datori di lavoro ancora più a lungo e abbiano sempre meno tempo da dedicare alla vita privata, al proprio benessere o al tempo libero. Il progetto di legge non arretra neanche di fronte alla domenica e alla sua natura di giorno di riposo: mira a consentire il lavoro domenicale senza autorizzazione nove volte all’anno. Le lavoratrici e i lavoratori non vogliono giornate lavorative più lunghe. Hanno bisogno di più tempo libero.

La salute di chi lavora sacrificata in nome degli interessi dei datori di lavoro

Il progetto pone le basi per una vera e propria intrusione del lavoro nella sfera privata. Il telelavoro viene strumentalizzato per spostare i limiti legali che proteggono dal sovraccarico lavorativo e dai problemi psicosociali e fisici, nonostante gli avvertimenti di chi si occupa di salute sul lavoro. La Società svizzera di medicina del lavoro, le Università di Ginevra e Basilea e l’Associazione intercantonale per la protezione dei lavoratori mettono in guardia dall’aumento dei rischi di sovraccarico lavorativo, esaurimento e patologie derivanti da questa flessibilità. Unia constata che ancora una volta la logica del profitto economico è anteposta rispetto alla protezione della salute delle lavoratrici e dei lavoratori.

Unia ricorda che gli orari di lavoro troppo lunghi e il tempo di riposo insufficiente nuocciono gravemente alla salute. Numerosi esperti e istituzioni specializzate lo hanno già sottolineato, ma i loro avvertimenti restano inascoltati. I Cantoni e gli ispettorati del lavoro cantonali si sono espressi contro questa misura, dato che gli ispettorati cantonali del lavoro si ritroverebbero a controllare anche gli accordi verbali stretti nelle economie domestiche private, il che è di fatto praticamente impossibile. Le parlamentari e i parlamentari della CET-S sono chiamati a fermare questa pericolosa deriva e a bocciare un progetto che sacrifica l’equilibrio tra lavoro e vita privata in nome degli interessi dei datori di lavoro.