Lavoratrici del ramo delle pulizie incontrano le attiviste spagnole de Las Kellys
Sono passate dall’invisibilità più totale, al protagonismo nella scena politico-sociale spagnola. Stiamo parlando delle cameriere ai piani e della loro associazione Las Kellys, il cui nome è un’abbreviazione ironica e anglicizzata del titolo di un libro del giornalista Ernest Cañada, Las que limpian los hoteles, un’inchiesta del 2015 sulle condizioni di lavoro all’interno degli hotel spagnoli.
Le origini
Tutto ebbe inizio con un gruppo facebook: migliaia di donne addette alle pulizie delle stanze d’hotel si raggrupparono in rete per denunciare le proprie condizioni di lavoro. Per Miriam Barros, Presidente dell’associazione e neoeletta tra le fila di Podemos nel Parlamento delle Canarie, «si trattava di un vero e proprio muro del pianto dove le lavoratrici lamentavano paghe indecenti, problemi di salute fisica e psichica e la totale mancanza di considerazione da parte di datori di lavoro e clienti». Il gruppo virtuale è stato comunque un passo importante, anche se, secondo Miriam Barros, «era chiaro fin da subito che occorreva passare all’azione e non limitarsi alla lamentela». E così l’attivista di origine uruguaiana, che ha lavorato per lunghi anni nella gastronomia prima e come cameriera ai piani poi, ha chiamato a raccolta le donne del gruppo provenienti dalle isole Canarie, fulcro del turismo iberico e luogo in cui risiede, ed è passata ai fatti: «Abbiamo cominciato a incontrarci in luoghi differenti dell’isola per cercare di individuare i problemi principali e capire come migliorare la nostra situazione».
Visibilità
Il primo problema da risolvere per il piccolo gruppo era quello dell’invisibilità delle cameriere ai piani, ricorda Ana Lucia Nacher: «Come prima cosa abbiamo raccolto testimonianze fotografiche e video delle nostre condizioni di lavoro. L’8 marzo del 2016, invece, non potendo partecipare alla manifestazione nazionale delle donne, abbiamo deciso di costruire e installare nei luoghi della manifestazione un enorme manichino vestito come una cameriera ai piani per marcare la nostra presenza». In quello stesso periodo, l’associazione si è estesa a livello nazionale e ha cominciato a ricevere le attenzioni che meritava. Dopo una prima conferenza stampa a Madrid, sempre più donne impiegate nel ramo hanno cominciato a denunciare le condizioni di lavoro e gli abusi, mettendo in seria crisi l’ispettorato del lavoro. In seguito, le istanze de Las Kellys sono arrivate in Senato, di fronte all’allora Presidente del governo Mariano Rajoy e persino nelle sedi dell’Unione europea. Da quel momento in avanti, Miriam Barros e compagne hanno cominciato a essere contattate dai media di tutto il mondo.
Le rivendicazioni
Las Kellys, però, non è solo un fenomeno mediatico. Le lavoratrici hanno saputo costruire una rete molto forte e hanno acquisito un’ottima conoscenza di molti degli aspetti che regolano il loro stesso lavoro. In breve tempo sono riuscite infatti a formulare rivendicazioni molto precise a livello sia locale, sia nazionale. Sotto accusa, in particolare, è il sistema delle esternalizzazioni negli hotel, rese possibili dalla riforma del lavoro del 2012 di Mariano Rajoy, che ha portato a un’erosione drammatica del salario minimo (da 1300 a 800 euro per chi non lavora direttamente per gli hotel), delle prestazioni e dei diritti. Per denunciare gli hotel che assumono soltanto attraverso esternalizzazioni, il gruppo Las Kellys delle Canarie ha sperimentato un metodo di protesta molto efficace che consiste nell’organizzare presidi rumorosi e colorati proprio davanti alle sedi degli alberghi incriminati per creare loro dei problemi d’immagine. La loro lotta non è rivolta solo contro le esternalizzazioni: esse vogliono, tra le altre cose, il riconoscimento di alcune malattie professionali, in parte ottenuto, il pensionamento anticipato e l’aumento delle ispezioni sui luoghi di lavoro.
Il rapporto con i sindacati
La storia de Las Kellys è interessante dal punto di vista del rapporto tra donne e sindacato. Sin dalla creazione del gruppo facebook, il principale sindacato spagnolo, la Confederación Sindical de Comisiones Obreras (Ccoo), stando a Miriam Barros, ha cercato di appropriarsi della lotta delle donne delle pulizie. Per l’attivista però era chiaro: «Noi volevamo parlare direttamente dei nostri problemi per troppo tempo trascurati dalla politica e dai sindacati stessi. Senza contare poi che l’ingranaggio sindacale di un’organizzazione così grande rischiava di bloccare la nostra lotta». E Nacher ha aggiunto: «Nel ramo alberghiero, sindacalisti e commissioni negoziali, erano fino a quel momento composte quasi esclusivamente da uomini ed è anche per questo motivo che i nostri salari sono così bassi. Non volevamo più una rappresentanza maschile. Per motivi legali, comunque, abbiamo stretto rapporti con piccole organizzazioni sindacali locali, come nel caso delle Canarie, e abbiamo potuto così far sentire con più forza la nostra voce, accedendo alle negoziazioni, precluse per legge a organizzazioni non sindacali».
A Zurigo
L’incontro zurighese ha visto la partecipazione di una cinquantina di persone, tra cui alcune donne impiegate negli hotel zurighesi. Tra le relatrici, oltre alle due attiviste spagnole, c’era anche Mari, lavoratrice d’hotel e militante Unia, che ha parlato al pubblico delle condizioni lavorative in Svizzera, a dir poco problematiche, e delle difficoltà per le donne impiegate in hotel di comunicare e di far accrescere la consapevolezza tra di loro. Il lavoro sindacale della regione Unia di Zurigo, comunque, ha contribuito già a rompere alcuni muri e ha fatto in modo che le cameriere al piano uscissero dall’invisibilità, come abbiamo scritto recentemente su questo giornale. La lotta in Spagna, inoltre, ha dato coraggio e rafforzato la speranza di poter cambiare davvero le cose. Per Norma Giannetta, segretaria sindacale Unia impegnata nel ramo delle pulizie, «era importante aprire un dialogo tra le nostre donne e il movimento spagnolo. Era importante anche ascoltare le critiche che queste lavoratrici hanno rivolto ai maggiori sindacati spagnoli, colpevoli di aver trascurato le loro istanze. Noi stiamo cercando di non fare lo stesso errore».