«Il futuro è nell’industria!»
«Ora abbiamo perso la pazienza!»: comincia così il documento di quattro pagine che le lavoratrici e i lavoratori dell’industria affiliati a Unia hanno adottato il 17 giugno scorso a Berna e hanno poi consegnato alla Cancelleria federale, all’attenzione dei dipartimenti e delle commissioni competenti.
Contro il franco forte
Al centro delle preoccupazioni – e non poteva essere diversamente – ci sono il franco forte e la politica della Banca nazionale. «Con la sua politica, la Banca nazionale provoca migliaia di licenziamenti, migliaia di ore di lavoro gratuito, riduzioni di salario, delocalizzazioni della produzione », ha ricordato Daniel Heizmann, presidente del ramo dell’industria metalmeccanica ed elettrica di Unia, parlando ai 500 colleghi e colleghe riuniti nella platea del Kubus, il teatro municipale provvisorio di Berna. Su questo punto, le rivendicazioni formulate dal «Manifesto per una Svizzera industriale» sono inequivocabili: «Noi esigiamo che Governo e Parlamento pongano immediatamente fine alla politica del franco forte e alla violazione della Costituzione da parte di Thomas Jordan (presidente della BNS, NdR)».
Laissez-faire
Ma lo sguardo va oltre, va alle scelte di politica industriale, in un paese che deve una parte consistente del suo benessere al settore produttivo: «Di fronte a questo cataclisma, cosa fa la politica?», si è chiesto ancora Heizmann durante il suo discorso. La cronaca dell’ultimo anno e mezzo parla di un approccio piuttosto passivo del mondo politico ai rischi di deindustrializzazione, con un ministro dell’economia sempre pronto a ribadire le virtù del laissez-faire, del non intervento. «Le lavoratrici e i lavoratori dell’industria vedono un crollo delle ordinazioni, la scomparsa di posti di apprendistato e vedono una politica che dibatte per ore di politica agraria e piazza finanziaria, ma non fa niente per l’industria», si indigna Corrado Pardini, responsabile dell’industria di Unia.
Quale politica industriale?
Per le affiliate e gli affiliati del settore industria di Unia è d’altra parte chiaro che la situazione attuale non è frutto della fatalità, ma di scelte precise: «La progressiva demolizione dell’industria non è la conseguenza di un processo di ’trasformazione strutturale’ o di trasformazioni tecnologiche, bensì il risultato di decisioni strategiche volutamente in contrasto con la produzione e con gli interessi della classe lavoratrice», si legge ancora nel manifesto. Ora la sfida per il sindacato consiste nel tracciare le grandi linee di una politica industriale che vada a vantaggio di chi lavora, che permetta di uscire dalle attuali difficoltà legate alla forza del franco, ma anche di affrontare le sfide di un settore in piena trasformazione tecnologica. Una politica, come chiarisce il documento, che non mira a sovvenzionare o proteggere con tariffe doganali l’industria nazionale, ma a «incentivare le possibilità e le opportunità già presenti sulla nostra piazza produttiva».
Un’industria forte e moderna
L’obiettivo enunciato da Unia è quello di un settore industriale che realizzi almeno il 20 % del prodotto interno lordo svizzero. Questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto sfruttando le opportunità della riconversione ecologica, delle biotecnologie e delle scienze della vita, delle tecniche di rete e di trasporto, della digitalizzazone, della robotica e di altri settori dell’industria 4.0. Per arrivarci occorre però che la politica soddisfi alcuni presupposti: il documento di Unia invita governo e parlamento a restituire all’industria un ruolo centrale nella società e a limitare il potere della piazza finanziaria. Più concretamente chiede la creazione di un fondo per la produzione che favorisca l’innovazione, soprattutto nelle piccole e medie imprese (v. area 3/2016) e l’elaborazione di un’agenda della politica industriale che ponga l’accento sulla formazione, sul trasferimento di tecnologie e sulla riconversione ecologica. Unia rivendica inoltre uno statuto del lavoro che rafforzi la tutela dei lavoratori, sia rispetto ai rischi di licenziamento e di dumping, sia riguardo alle trasformazioni dei rapporti di lavoro che accompagnano l’avvento dell’industria 4.0 (in particolare per quel che concerne la disponibilità temporale dei lavoratori). «Il diritto a partecipare alle decisioni concernenti le tecnologie deve diventare un tema centrale», chiarisce infine il Manifesto per un Svizzera industriale.