«Non pagheremo la vostra riforma»
La risoluzione della Commissione delle donne Unia sul tema della previdenza è stata accolta con interesse dai media, «ma anche dalle colleghe di altri sindacati», rileva la portavoce di Unia Katja Signer. Le donne sono state le grandi assenti dal dibattito pubblico dopo la decisione del Consiglio degli stati sulla riforma previdenziale 2020. I senatori hanno deciso di portare l’età di pensionamento delle donne da 64 a 65 anni e di abbassare il tasso di conversione del secondo pilastro dal 6,8 % al 6 %. Ciò significa che per ogni 100’000 franchi di capitale accumulato si ottiene al momento di andare in pensione 6000 franchi all’anno di rendita invece di 6800. In cambio la sinistra è riuscita a strappare alla Camera un aumento delle nuove rendite dell’AVS di 70 franchi al mese. Il primo aumento da decenni.
Sempre in prima fila
«Troppo poco», affermano adesso con determinazione le donne di Unia consapevoli della loro forza. Le rappresentanti del sindacato hanno alle spalle una lunga tradizione di mobilitazione. Erano state le loro colleghe dell’FLMO, l’organizzazione dei metalmeccanici poi confluita in Unia, a lanciare con successo l’idea dello sciopero generale delle donne del 1991. «Adesso, siamo sempre noi che ci mobilitiamo in prima fila per un salario equo e per misure che permettano alle lavoratrici di conciliare meglio casa e lavoro», rileva Anja Peter, che a Unia si occupa di tematiche femminili.
Lei e le colleghe della Commissione non hanno dimenticato la brutta esperienza fatta nel 1997, quando l’età pensionabile femminile è passata da 62 a 64 anni, ciò che è costato alle donne 800 milioni di franchi all’anno. Adesso il peso a loro carico sarebbe di ulteriori 1,3 miliardi di franchi. «Ancora una volta si chiedono sacrifici senza fare le concessioni necessarie che noi rivendichiamo da tempo», aggiunge.
Lavoro non retribuito
La sindacalista pensa in particolare al tanto lavoro che le donne fanno quando si occupano dei figli o dei genitori anziani. Non è retribuito. «Stiamo parlando di oltre 80 miliardi di franchi all’anno», afferma. «Se nel calcolo delle rendite si considerasse in modo equo l’intero lavoro svolto dalle donne, queste ultime otterrebbero rendite uguali a quelle degli uomini», si legge nella risoluzione approvata dalla Commissione Unia.
La destra su questo punto fa orecchie da mercante, mentre le donne del movimento sindacale lo ritengono un problema da risolvere con urgenza. Anche perché «fino a quando i compiti d’assistenza e cura non avranno ottenuto la dovuta riconoscenza sociale, saranno di scarso interesse per gli uomini», aggiunge Regula Bühlmann, segretaria delle donne all’USS. Sono quindi un ostacolo alla parità.
Partita tutta aperta
«Se oggi le rendite delle donne sono basse e non garantiscono un tenore di vita decente è anche perché molte ricevono salari troppo bassi per alimentare il secondo pilastro», aggiunge Peter. Per questo il sindacato si batte non solo per ottenere la parità in busta paga, ma anche per migliorare le paghe basse, percepite in maggioranza dalle donne. Ciò permetterebbe tra l’altro anche di migliorare le loro rendite del secondo pilastro.
La riforma che sta preparando il parlamento è comunque lungi dal raggiungere il traguardo. Il parlamento è stato rinnovato e la destra non fa mistero che vorrebbe portare a casa rapidamente una parte del «bottino». Vale a dire l’aumento dell’età pensionabile e/o la riduzione del tasso di conversione rinviando a dopo gli eventuali miglioramenti.
Rinforzare l’AVS
Le donne sono consapevoli del pericolo. Per questo «la nostra attenzione adesso è rivolta prima di tutto all’iniziativa AVSplus», che potrebbe arrivare in parlamento durante la prossima sessione delle Camere federali, aggiunge Peter. «L’AVS è il pilastro più importante della previdenza vecchiaia e va rinforzata», si legge nella risoluzione. Anche perché il 38 % delle donne in pensione ha esclusivamente la rendita AVS, che non permette per il momento di vivere dignitosamente. Proprio per migliorarla sostanzialmente, prima ancora che il governo annunciasse la sua riforma, il movimento sindacale aveva lanciato con successo la sua iniziativa. «Rivendichiamo un innalzamento delle rendite del 10 % per tutti», aggiunge Peter. Per la maggioranza delle pensionate e dei pensionati l’aumento sarebbe di 200 franchi al mese per una persona sola e di 350 per una coppia. Molto più quindi dei 70 franchi strappati alla destra in Senato.