La Commissione vuole ridurre il tempo di riposo e agevolare il lavoro domenicale. La decisione è stata presa nella seduta del 24 giugno. All’origine vi è un’iniziativa parlamentare del consigliere agli Stati PLR Thierry Burkart, dal titolo fuorviante: «Maggiore libertà organizzativa in caso di lavoro da casa». La CET-N ha ora deciso come questa proposta dovrebbe essere attuata.
Il progetto di modifica prevede un drastico aumento dell’orario di lavoro: chi svolge parte del proprio lavoro all’esterno dell’azienda, in futuro dovrà essere a disposizione del datore di lavoro fino a 17 ore al giorno. Il tempo di riposo giornaliero sarà ridotto a 9 ore e potrebbe addirittura venire interrotto per «attività urgenti».
Persino la domenica non sarà più un giorno libero assicurato: in futuro il lavoro domenicale sarà consentito per sei giorni all’anno senza autorizzazione. Benché nella legge verrà sancito il «diritto all’irreperibilità», si tratterà di una mera questione di facciata. Infatti, questo diritto vige già oggi, in quanto i tempi di lavoro e di riposo sono disciplinati per legge.
La situazione è estremamente preoccupante, perché le nuove norme potrebbero toccare fino alla metà delle lavoratrici e dei lavoratori maggiorenni. L’unico criterio è che possono fissare loro stessi una parte del loro orario di lavoro. Si rischia così che in nome del «telelavoro» le aziende costringano il proprio personale ad accettare le condizioni di una legge sul lavoro di serie B.
Questa misura non riguarda solo i classici lavori d’ufficio, ma concerne molte altre professioni. In futuro anche l’infermiera che sbriga le pratiche amministrative sul treno o l’addetto alla sicurezza che sorveglia una determinata area da casa avrebbero diritto soltanto a 9 ore di riposo invece delle 11 attuali – e dovrebbero lavorare più spesso la domenica rispetto a oggi.
Questo progetto si inscrive in una serie di attacchi politici contro la legge sul lavoro: il personale dev’essere reperibile in ogni momento e poter essere impiegato al bisogno. Invece servirebbe proprio il contrario: più riposo, tempo libero degno di questo nome e protezione contro il sovraccarico!
Unia respinge categoricamente il progetto in questione ed esorta il Consiglio nazionale a dare prova di responsabilità e a correggere la pericolosa decisione della propria Commissione. La salute delle lavoratrici e dei lavoratori non può essere sacrificata in nome del profitto!