La situazione in Kosovo preoccupa i migranti di Unia
«Quindici anni dopo la fine della guerra i kosovari riprendono la via dell’emigrazione», costata con rammarico Osman Osmani, che a Unia si occupa di questi lavoratori. Alcuni sono arrivati in Svizzera, dove hanno presentato una domanda d’asilo, ma il loro futuro non è promettente. Alcuni sono già stati espulsi e altri forse sono finiti in clandestinità.
Una politica neoliberale
Alle spalle hanno lasciato un Paese dove secondo le Nazioni Unite il 17 % vive in condizioni di assoluta povertà (meno di 0,94 euro al giorno) e il 45 % in povertà (meno di 1,42 euro al giorno). Il tasso di disoccupazione raggiunge il 40 % e tra i giovani si arriva al 70 %. Sono tante le cause che hanno portato a questa situazione, rileva Osmani. Il paese ha alle spalle secoli di dominazione straniera. Inoltre gran parte delle infrastrutture sono andate distrutte durante la recente guerra. «Su pressione internazionale il governo kosovaro ha adottato una politica neo-liberista. Ha privatizzato imprese pubbliche e molte sono fallite. Sono così andati persi 80’000 posti di lavoro», rileva il sindacalista. Il Paese ha poi investito molto in costose strade e ora non ci sono i soldi per costruire scuole o ospedali, ma mancano anche i mezzi per i tribunali e l’amministrazione.
Il Kosovo ha ottenuto l’indipendenza, ma per il momento è solo sulla carta. «Non ha nemmeno un suo prefisso telefonico», afferma il sindacalista facendo un esempio concreto della situazione ambigua in cui vive il Paese. Unia per prima ha denunciato tutto questo e lo ha fatto con una risoluzione adottata all’unanimità dalla commissione dei migranti del sindacato. Anche il parlamento svizzero dovrà discutere della situazione: il socialista zurighese Martin Neaf ha chiesto spiegazioni al Consiglio federale sulla situazione di povertà che regna nel Paese e sulle sue cause.
Creare posti di lavoro
Per i migranti di Unia quello che si deve fare adesso è investire di più nel settore pubblico e privato del Kosovo per creare posti di lavoro, ma anche permettere ai cittadini di questo Paese di cercare lavoro all’estero. Alle autorità di Berna «chiediamo di riprendere i negoziati per un accodo sulle assicurazioni sociali». Questo per porre fine ad una discriminazione e per consentire ai kosovari di tornare in patria dopo il pensionamento e di non aggravare i conti delle prestazioni complementari o dell’assistenza sociale, conclude Osmani.