È ora di avere più tempo per vivere!

Risoluzione del Congresso straordinario di Unia del 21 ottobre 2023

Da 20 anni nulla si muove sul fronte degli orari di lavoro, benché la produttività del lavoro continui ad aumentare. Con 41,7 ore settimanali, il nostro standard a tempo pieno è il più elevato di tutta Europa. E molti di noi lavorano ancora di più, poiché la legge non limita l’orario di lavoro settimanale che a 45 ore, in molti rami professionali persino a 50 ore. È troppo!

Allo stesso tempo, negli ultimi decenni la flessibilizzazione unilaterale a scapito delle lavoratrici e dei lavoratori è aumentata in modo drammatico. Il lavoro si estende al fine settimana e alla sera. Con l’orario di lavoro annuale e il lavoro su chiamata, le imprese scaricano il rischio aziendale sul personale. E non si fermano qui: attualmente dobbiamo opporci ai loro attacchi agli orari di apertura dei negozi e alla legge sul lavoro. Quando si tratta della disponibilità permanente delle lavoratrici e dei lavoratori, i datori di lavoro e i loro rappresentanti in Parlamento non hanno freni.

Cambia il bersaglio ma il ritornello è sempre lo stesso

Il loro nuovo bersaglio è il personale impiegato a tempo parziale, che deve essere maggiormente integrato nel mercato di lavoro per rimediare all’attuale carenza di manodopera specializzata. Cifre fuorvianti suggeriscono che le lavoratrici e i lavoratori diventano sempre più pigri – la realtà non potrebbe essere travisata in modo più evidente. In verità, le persone impiegate a tempo parziale subiscono considerevoli svantaggi. Cercano disperatamente una via d’uscita da un sistema in cui lo standard del lavoro a tempo pieno è troppo elevato e le pressioni e lo stress aumentano, mentre il lavoro domestico e familiare non retribuito ovviamente non diminuisce. Per i 350’000 colleghi e colleghe che lavorano loro malgrado con un basso grado d’occupazione, le argomentazioni dei datori di lavoro sono un affronto. Queste persone devono essere assunte a tempo indeterminato a un tasso di occupazione corrispondente alle loro esigenze.

Lo sappiamo fin troppo bene. Carenza di manodopera specializzata, scarsità di energia, pandemia, franco forte: ogni crisi è un pretesto per smantellare le norme di protezione ed esigere più lavoro. Finora siamo riusciti a respingere molti di questi attacchi. Ma non appena ne sconfiggiamo uno, dobbiamo affrontarne due nuovi. Siamo stufi, ora basta!

La nostra visione per il futuro...

Non vogliamo vivere per lavorare. Il lavoro deve permetterci di condurre una vita dignitosa. Per questa ragione, ogni attacco al nostro tempo ci induce a difenderci con ancora maggiore determinazione. Vogliamo pertanto intensificare la lotta nei rami professionali – diciamo basta alle giornate lavorative estremamente lunghe e frammentate, al tempo non retribuito impiegato per recarsi al lavoro e per cambiarsi, alla settimana di sei giorni, alle ore supplementari sottopagate e alla cattiva pianificazione dell’orario di lavoro che non ci consente di avere una vita privata e familiare! Anche noi abbiamo bisogno di staccare alla sera. Anche noi abbiamo bisogno di fine settimana liberi e di una pianificazione anticipata dei nostri turni di lavoro. Vogliamo più tempo per vivere, questa è la nostra visione per il futuro.

...ridurre l’orario di lavoro, subito!

Possiamo realizzare questa visione solo se rimettiamo in moto la ruota bloccata della riduzione collettiva dell’orario di lavoro. La settimana lavorativa troppo lunga ci sta portando al limite delle forze. Ed è una clamorosa ingiustizia: rendiamo sempre di più e non veniamo ricompensati con più tempo libero. Gli incrementi della produttività finiscono nelle tasche dei nostri datori di lavoro.

Nella giornata odierna, noi delegate e delegati al Congresso di Unia chiediamo pertanto con forza una riduzione degli orari di lavoro a parità di salario e con piena compensazione del personale. È la risposta ai rischi per la salute sul posto di lavoro – abbiamo bisogno di più tempo per rigenerarci! È la risposta alla sfida di ripartire equamente l'attività lucrativa e il lavoro domestico e familiare non retribuito. E siamo certi che una nuova norma per il lavoro a tempo pieno spianerà la strada a un futuro equo e sostenibile, poiché la trasformazione digitale ed ecologica del mondo del lavoro renderà necessaria una nuova ripartizione del lavoro. Diamoci da fare: è il momento di cambiare le cose.