Il personale di vendita dice NO alla legge sugli orari di apertura dei negozi
Il Consiglio nazionale discuterà il progetto di legge sugli orari di apertura dei negozi nella sessione primaverile. Si tratta della prima legge atta a interessare la totalità del personale di vendita. Il testo chiede che i negozi possano restare aperti dalle 6 alle 20 durante la settimana e dalle 6 alle 18 o persino alle 19 il sabato.
Un chiaro NO a un’estensione degli orari di apertura dei negozi
Un sondaggio condotto da Unia nel commercio al dettaglio dimostra che il personale di vendita respinge con determinazione un’estensione degli orari di apertura. Il 96% delle 2510 persone che hanno partecipato al sondaggio è contrario alla nuova legge. Il 95% dichiara di non voler lavorare ancora più a lungo la sera.
Gravi conseguenze per le commesse e i commessi
Le ragioni alla base dell’opposizione di massa alla legge sono evidenti: orari di apertura prolungati implicano giornate lavorative (ancora) più lunghe o orari di lavoro troppo frammentati (pause eccessivamente lunghe, lavoro su chiamata ecc.). Il personale di vendita non ha protezioni efficaci contro questa flessibilizzazione. Solo la metà degli occupati del ramo sottostanno a un contratto collettivo di lavoro e anche i CCL esistenti non mettono il personale al riparo da giornate lavorative eccessivamente lunghe. La legge sul lavoro ammette infatti fino a 12,5 ore di lavoro in un arco di tempo di 14 ore. Gli orari di lavoro più estesi ostacolano ulteriormente la conciliazione della vita professionale e della vita familiare o del tempo libero.
All’occorrenza Unia lancerà il referendum
Il Consiglio degli Stati ha respinto il progetto di legge perché limita la competenza dei Cantoni nella definizione degli orari di apertura dei negozi (nel quadro della Legge sul lavoro). Unia esorta anche il Consiglio nazionale a rispettare i diritti e le esigenze dei Cantoni e dei lavoratori interessati. Se la legge sarà adottata, Unia lancerà il referendum.