All’inizio dell’anno è giunto a scadenza il Contratto collettivo di lavoro (CCL) per il ramo falegnameria. Le cause sono da ricercarsi nel fatto che l’Associazione svizzera dei fabbricanti di mobili e serramenti (ASFMS), nel quadro di una votazione interna tenutasi alla fine di novembre, aveva respinto il pacchetto precedentemente negoziato, che prevedeva un CCL rielaborato e l’introduzione di un modello di pensionamento anticipato. Dal canto loro, le iscritte e gli iscritti di Unia e Syna avevano approvato senza indugio il pacchetto negoziale. Ora regna una situazione di vuoto contrattuale.
Senza contratto collettivo di lavoro, il ramo professionale è minacciato dal dumping salariale, da un deterioramento generale delle condizioni di lavoro e, a causa della pressione esercitata dalla concorrenza straniera, da una guerra dei prezzi molto più accanita. Alla luce di queste circostanze, Giuseppe Reo, responsabile delle trattative del sindacato Unia.
Ha invitato oggi i datori di lavoro a tornare alla ragione: «Non possiamo andare avanti così. Nel ramo della falegnameria i nostri problemi li risolviamo insieme. Noi siamo pronti a negoziare. Ora la palla passa ai datori di lavoro. I/Le 450 falegnami presenti hanno espresso a gran voce il loro consenso.
2435 occupate e occupati della falegnameria provenienti dalla Svizzera tedesca e dal Ticino hanno espresso la medesima rivendicazione in una petizione indirizzata all’associazione padronale ASFMS. Sadik Dinaj, falegname di Rafz ZH, si è fatto portavoce dei suoi colleghi e delle su colleghe dicendo: «I giovani sono il nostro futuro. Come si presenterà questo futuro senza condizioni di lavoro sicure e senza perfezionamenti?»
La petizione esige il ritorno dei datori di lavoro al tavolo delle trattative con l’obiettivo di concludere un contratto collettivo di lavoro equo e forte. In caso contrario, ha concluso Johann Tscherrig, segretario centrale del sindacato Syna, le tensioni nel ramo professionale rischiano di aumentare. «Senza un contratto collettivo di lavoro non ci sarà pace sociale.»
Il messaggio rivolto ai datori di lavoro è chiaro: dopo mesi di stallo e di ostruzionismo, sono attesi senza indugio al tavolo delle trattative.