Beat Baumann, per quale motivo Unia ha elaborato una ricetta economica per tutta la Ue? Un lavoro retribuito è assolutamente centrale per tutte le persone, in modo che facciano parte della società, possano guadagnarsi da vivere ed essere apprezzate. Unia è un sindacato europeo e molti dei nostri iscritti provengono dai paesi europei. Buona parte di essi sono venuti in Svizzera dopo la crisi finanziaria a causa dell’alto tasso di disoccupazione dei loro paesi di provenienza.
Perché i sindacati non parlano da tempo di piena occupazione? Le statistiche ufficiali sulla disoccupazione dipingono un quadro troppo roseo. Solo lentamente l’opinione pubblica si rende conto che molti lavoratori a tempo parziale vorrebbero lavorare di più e che molti disoccupati non cercano più lavoro perché scoraggiati dalle molte risposte negative ricevute.
Non sarebbe problematico dal punto di vista giuridico e politico costringere le grandi imprese ad aumentare il numero di posti di lavoro e le spese per il personale? Le imprese traggono vantaggio dalla globalizzazione, realizzano enormi profitti e spesso licenziano i dipendenti, trasferendo così i costi all’assicurazione contro la disoccupazione. La nostra proposta non è rivolta alle Pmi che creano posti di lavoro, né allo Stato. Sono le ricche multinazionali che dovrebbero finalmente assumersi delle responsabilità in tema di occupazione. Ad esempio, si veda Novartis,nonostante i profitti in forte aumento, ha annunciato la riduzione di 2150 posti di lavoro in Svizzera.
Per realizzare queste ricette è necessario almeno un forte accordo sindacale a livello europeo. La situazione di oggi è diversa … La nostra proposta funziona solo se i sindacati in Europa sostengono il progetto insieme. Non è certo semplice. Ma ci sono dei progressi, i sindacati in Europa hanno condotto insieme una campagna congiunta sui salari e stanno chiedendo ora un salario minimo europeo.
Il vostro progetto intende dare voce anche ai comitati aziendali, non è vero? Sì, i comitati aziendali rappresentano i dipendenti, che negozierebbero con la direzione i passi per l’attuazione dell’obiettivo occupazionale. Si tratterebbe sostanzialmente di investire per aumentare i posti di lavoro o di ridurre l’orario di lavoro. Queste decisioni devono essere prese democraticamente, quindi con il coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici.