Le sfide del digitale
Come sta cambiando il mondo del lavoro nell’epoca della rivoluzione digitale e della pandemia di coronavirus? Le risposte sono in parte sotto gli occhi di tutti, ma è compito della ricerca approfondire fenomeni e dinamiche caratterizzati da un alto grado di complessità.
Durante l’ultimo comitato scientifico dell’Ecap ci si è concentrati in particolare sul rapporto tra lavori esecutivi e digitalizzazione e sulla relazione tra rivoluzione digitale e pandemia nel mondo del lavoro.
Il progetto di ricerca
Il Professore Thomas Geisen, dell’Istituto di Integrazione e Partecipazione della Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (Fhnw), ha aperto i lavori della giornata presentando il suo progetto di ricerca nazionale dedicato al rapporto tra lavoratori anziani e professioni esecutive, definite anche impropriamente come professioni poco qualificate o semplici (titolo del progetto: Alternde Belegschaft und Einfacharbeit).
Nell’ambito di questo progetto, Geisen si occupa anche delle sfide della digitalizzazione per lavoratori e lavoratrici occupati negli ambiti del lavoro esecutivo.
Durante la presentazione si è focalizzato in particolare sui processi di sostituzione della manodopera attraverso la tecnologia, sulle preoccupazioni relative alla continua evoluzione tecnologica in ambito lavorativo e sul cosiddetto Life-Long-Learning, ovvero sulla necessità per i lavoratori di aggiornarsi continuamente fino alla tarda età.
Per Geisen l’alfabetizzazione digitale e il continuo aggiornamento in questo ambito dovrebbero essere la base di qualsiasi politica in ambito formativo.
Il lavoro agile
Nell’altra presentazione della giornata, Daniele Di Nunzio e Beppe De Sario, ricercatori della Fondazione Di Vittorio (Cgil), si sono occupati del rapporto tra digitalizzazione, telelavoro e azione sindacale a fronte anche di ciò che è successo durante questi mesi di pandemia.
Di Nunzio in particolare si è occupato delle problematiche del lavoro agile, sinonimo del termine «telelavoro», che indica una tipologia di lavoro svolta al di fuori degli spazi fisici dell’impresa, da casa o altrove, con forme di organizzazione temporale che spesso variano da quelle consuete.
Secondo Di Nunzio la flessibilità spazio-temporale del lavoro ha comportato una crescente diversificazione e dinamicità delle forme organizzative aziendali. Tutto questo rappresenta una sfida per i lavoratori (e di conseguenza per la rappresentanza sindacale) che sono chiamati ad affrontare «nuove forme di controllo manageriale, l’atomizzazione, l’intensificazione dei carichi di lavoro, il mancato riconoscimento economico e professionale, l’eccesso di responsabilità, la dequalificazione, l’intrusione dell’ambito lavorativo nella sfera privata».
Per Di Nunzio, «la partecipazione ai processi produttivi e la contrattazione si confrontano ora con la flessibilità spazio-temporale e dunque con i nuovi aspetti dell’organizzazione complessiva del lavoro».
La contrattazione
Nell’azione sindacale provocata da questa rivoluzione, hanno ricordato sia Di Nunzio che De Sario, si è rafforzata una tensione tra la ricerca di tutele di ordine generale e la necessità di confrontarsi con le specificità proprie dei settori, dei cicli produttivi, dei contesti aziendali, territoriali e persino dell’individuo.
De Sario si è concentrato in particolare sugli stravolgimenti in ambito legislativo e di contrattazione provocati dalla pandemia in Italia, analizzando alcuni accordi aziendali specifici per far fronte alla pandemia. Il ricercatore ha poi anche fornito i numeri impressionanti relativi al telelavoro in Italia: «Nel settore pubblico si è passati dall’1,7%, a percentuali di lavoro agile che vanno dal 40% al 60%. Nel settore privato si è passati da 200'000 a 1'800'000 persone che lavorano al di fuori del contesto aziendale».