Il mestiere è raro l’ingiustizia meno
La Val Bavona è una perla del locarnese. I suoi 12 villaggi in pietra sono rimasti praticamente intatti da secoli e oggi sono protetti da un piano regolatore molto severo. Chi vuole restaurare le case bavonesi deve rivolgersi a muratori altamente specializzati chiamati in dialetto ticinese teciatt.
Una perla
Il patrimonio architettonico della val Bavona risale al XVI secolo, ovvero al periodo della cosiddetta piccola glaciazione che causò il grande esodo dei bavonesi. La Valle più profonda divenne nei secoli successivi un luogo di transumanza e le case non furono più rimesse a nuovo. Nel dopoguerra le cose sono cambiate: la nuova strada Cavergno-San Carlo (1962), che rese la Bavona molto più accessibile, e le centrali idroelettriche della valle portarono con sé turismo e sviluppo. L’attenzione nei confronti della valle avrebbe potuto portare a uno snaturamento del paesaggio ma, fortunatamente, questo non è avvenuto: il piano regolatore alquanto restrittivo, introdotto dalle autorità locali nel 1985, ha permesso di conservare perfettamente il territorio. Questo piano però non sarebbe servito a nulla se non ci fossero state figure in grado di metterlo in pratica. Una di queste è Tiziano Dadò, un artigiano costruttore che vive con la moglie tra Cavergno e il vilaggio di Fontanellata e si prende cura da anni delle abitazioni della valle.
Rubare l’arte
In questi luoghi e nella vicina Vallemaggia, lavorando sui cantieri come muratore, Dadò ha «rubato un mestiere», come lui stesso ci dice, che sembrava destinato a scomparire. La professione del teciatt è in realtà oggi molto richiesta. Come afferma l’artigiano, «oggi chi si occupa di costruzioni in pietra in queste zone ha molto lavoro perché il piano regolatore impone l’assoluto rispetto delle caratteristiche architettoniche locali. Questo obbliga i proprietari a ingaggiare figure altamente specializzate che conoscono alla perfezione il territorio. Chi vuole restaurare una casa qui deve utilizzare esclusivamente materiale locale, il granito proveniente della cava di Riveo o di Cevio, e rispettare norme ben precise, come ad esempio la pendenza del tetto o la forma delle piode».
Il signor Dadò non rimette a nuovo solo tetti. È lui stesso a mostrarci con orgoglio le sue “opere” riportate all’antico splendore dalla testa ai piedi: «Mi occupo anche dell’isolamento delle case, del rifacimento delle facciate, dei muri di sostegno e dei pavimenti, lavoro il larice della valle per costruire gli infissi, sistemo all’occorrenza anche i muretti a secco che circondano le abitazioni». Dadò è davvero uno dei custodi della bellezza del paesaggio della valle, ma è anche un maestro che ha insegnato a molti giovani della zona il mestiere.
Senza lieto fine
Dopo aver compiuto 55 anni, nel 2016, Dadò è stato convocato in ufficio dal suo principale che, dopo anni di duro lavoro, gli ha dato il benservito. Come lui stesso ricorda: «Mi ha semplicemente detto che ero troppo qualificato, che costavo troppo e che per me non c’era abbastanza lavoro. È stato tremendo. L’ufficio di collocamento mi ha aiutato a trovare un altro posto di lavoro ma era troppo lontano e pagato solo al 70%. Si trattava di stare lontano da casa 12 ore al giorno con uno stipendio molto più magro».
Questa situazione ha costretto Dadò a reinventarsi, mettendosi in proprio per continuare a fare ciò che più ama: «La mia scelta ha significato perdere il diritto al pensionamento a 60 anni ma non potevo fare altro e per un paio di anni me la sono cavata alla grande». L’abilità, la voglia di fare e la grande passione del muratore non sono però bastate: «Questa estate ho avuto un grave problema cardiaco che mi ha costretto all’inattività. Lavoro ne avrei, ma ora sono troppo fragile a causa dei farmaci anticoagulanti e dei problemi di schiena che sono sorti nel tempo. Per tenermi in allenamento non mi resta che passeggiare per ore lungo i sentieri. Non è una situazione facile e credo che dovrò fare ricorso all’Assicurazione invalidità, almeno per una parte del reddito».
Protezione insufficiente per i lavoratori anziani
La storia di Dadò non è riconducibile alla sfortuna: nel diritto del lavoro, che non sempre protegge a sufficienza i lavoratori più anziani, e nelle pratiche imprenditoriali senza scrupoli sono da rintracciare le colpe. «Nel settore delle costruzioni», come afferma Nico Lutz, responsabile edilizia del sindacato Unia, «possiamo osservare, grazie alle statistiche in nostro possesso legate al prepensionamento, un costante aumento dei contributi provenienti da lavoratori anziani assunti a tempo determinato. Questi contratti applicati a lavoratori anziani sono spesso, purtroppo, la conseguenza di un licenziamento di persone con regolare contratto avvenuto in tarda età».