Senza lavoro non c’è cultura
«Tebe dalle sette porte, chi la costruì? / Ci sono i nomi dei re, dentro i libri. / Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?». Sono questi i tre versi iniziali che aprono la poesia di Bertolt Brecht intitolata «Domande di un lettore operaio». Il riferimento è chiaro: le grandi civiltà ci hanno lasciato delle tracce che siamo soliti associare a nomi di sovrani e dinastie, ma i lavoratori, ovvero gli artefici di quelle costruzioni – monumenti, città, bastioni o quant’altro – non sono nemmeno considerati. Lo stesso accade anche oggi: quando parliamo di manifestazioni culturali siamo abituati a pensare ai direttori artistici, alle celebrità, ai grandi nomi e ci scordiamo di considerare che dietro un determinato evento ci sono la fatica, l’abnegazione e l’abilità di decine o spesso centinaia di lavoratori.
La cultura e l’economia
Secondo la «Statistica tascabile della cultura in Svizzera 2018», pubblicata dall’Ufficio federale della cultura, nel 2013 in ambito culturale lavoravano oltre 275'000 addetti in circa 71'000 aziende, con un fatturato di quasi 69 miliardi. Una cifra impressionante per la Svizzera che dimostra come la cultura sia, tra le altre cose, un elemento trascinante dello sviluppo economico. In Ticino è difficile dire quale sia l’impatto esatto della cultura sull’economia e, in particolare, sul mercato del lavoro. È in corso però un’importante ricerca, commissionata dal Cantone, che dovrebbe riuscire a fare presto chiarezza in materia. Sotto la lente degli analisti verranno poste anche le manifestazioni di più grande impatto come, ad esempio, il Locarno Film Festival.
I numeri del festival
Il Locarno Film Festival è uno degli otto Swiss Top Events, il marchio di qualità conferito ai migliori eventi nazionali di rilevanza internazionale. Il suo impatto economico è stato studiato per l’ultima volta agli inizi del millennio: allora si diceva che per ogni franco investito ne ritornavano 3 indietro in termini di ricaduta economica sul territorio. I costi legati al festival si aggirano oggi attorno ai 13 milioni di franchi: il conto è presto fatto. Dei 13 milioni investiti, nel 2018, quasi 4 sono andati a coprire stipendi e oneri sociali del personale. Nel 2019 il personale era così composto: 20 persone impiegate a tempo indeterminato, 120 persone impegnate a tempo parziale, con un contratto dalle poche settimane fino agli 11 mesi, e 760 assunte soltanto durante i giorni del festival.
Secondo una stima di Raphaël Brunschwig, direttore operativo del festival, «anche i lavoratori delle ditte appaltatrici e quelli assunti dagli sponsor potrebbero attestarsi attorno al migliaio». I lavoratori e le aziende impegnate a offrire servizi al festival, stando sempre alle dichiarazioni del direttore, «provengono per l’80% direttamente dal territorio». È chiaro quindi che, nonostante la mancanza di un quadro completo relativo soprattutto all’indotto, l’impatto del festival è enorme, anche per il mercato del lavoro.
Le condizioni di lavoro
Durante le nostre ricerche, abbiamo cercato di fare luce sulle condizioni di lavoro delle persone impegnate al festival. I risultati raccolti non offrono un quadro a 360° ma sono comunque interessanti. Tra le intervistate, una lavoratrice, impegnata soltanto per alcuni mesi all’anno, si è detta soddisfatta delle condizioni lavorative: «Il mio salario non corrisponde a pieno alle mie qualifiche, ma se lo rapporto al livello salariale della Svizzera italiana e, soprattutto, alla situazione più generale nel mondo della cultura non posso lamentarmi». Per i lavoratori impegnati soltanto una parte dell’anno, però, «occorre far fronte al periodo di inattività con altri lavoretti, magari per un festival più piccolo o in altri ambiti della cultura».
Un’altra lavoratrice è stata impegnata soltanto durante i giorni del festival e per lei «è stato un modo per avere ulteriori entrate e vivere un’esperienza appassionante». Un discorso a parte andrebbe fatto per i 23 stagisti, giovani provenienti dal territorio in formazione o con formazione appena conclusa, che si trovano talora a dover affrontare carichi di lavoro importanti, anche in termini di responsabilità, senza tuttavia ricevere un compenso adeguato. Brunschwig non nasconde la situazione, ci tiene però a sottolineare che uno stage al festival «significa formarsi in diverse mansioni ad alto livello e a contatto con partner importanti, e soprattutto è una via d’accesso privilegiata a un lavoro a tempo pieno al Festival o al mondo del lavoro a livello nazionale».
La parola al sindacato
Tra i lavoratori delle ditte appaltatrici, spiccavano sicuramente quelli della sicurezza, ben visibili perché impegnati in gran numero in tutti i luoghi del festival. Oswaldo Formato, Ispettore della commissione paritetica delle agenzie di sicurezza private, ne ha interpellati molti durante le giornate festivaliere e non ha riscontrato per ora grosse anomalie. Un aspetto positivo se si considera che spesso, in altre manifestazioni in Ticino e nella Svizzera, «la situazione è ben diversa e le condizioni di lavoro sono pessime».
Anche per Fabrizio Sirica, segretario Unia e conoscitore del territorio locarnese, «al festival di Locarno la situazione non è così negativa, occorre però trovare soluzioni concertate per diminuire la precarietà, per aumentare i livelli salariali di stagisti e impiegati e migliorare in termini di ritmi di lavoro durante le giornate a ridosso del festival». Fabrizio Sirica, impegnato anche in Gran Consiglio, è in procinto di votare la concessione dei contributi pubblici al festival per i prossimi anni: «Sostenere il festival è importante e doveroso ma vorrei che a questo contributo sia associato anche un maggiore sforzo per fare di Locarno un festival di eccellenza anche in ambito dei diritti».