Parità salariale: si deve fare di più!
Le grandi linee delle proposte del Consiglio federale per la messa in atto delle norme di legge sulla parità salariale tra donne e uomini sono note da tempo. I risultati della procedura di consultazione hanno indotto il governo a optare per una revisione della legge sulla parità dei sessi (LPar) che si basa essenzialmente sulla responsabilità individuale dei datori di lavoro. Al di là dell’obbligo per le aziende di medie e grandi dimensioni di analizzare i propri salari ogni quattro anni e di sottoporli alla verifica di un ufficio esterno, il disegno di legge governativo non prevede misure vincolanti per i datori di lavoro.
Servono sanzioni
La reazione di Unia non si è fatta attendere. Il sindacato ha ribadito che la proposta del governo è da considerare un passo nella giusta direzione, ma largamente insufficiente a raggiungere finalmente l’obiettivo dell’uguaglianza salariale. Per Unia è evidente che servono controlli efficienti in tutte le aziende e che i sindacati devono essere integrati meglio nei controlli. E soprattutto occorrono sanzioni contro le aziende che sgarrano. «Che senso ha imporre alle aziende di verificare i propri salari se poi non hanno l’obbligo di eliminare le discriminazioni salariali constatate? Se non sono previste sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano la parità salariale?», osserva Corinne Schärer, membro del Comitato direttore di Unia.
Dettato costituzionale
Unia ricorda che la parità salariale non è una semplice aspirazione, ma è un dettato costituzionale. A trentasei anni dall’introduzione del relativo articolo della Costituzione federale, le donne in Svizzera continuano a guadagnare in media un quinto in meno degli uomini. Vista l’urgenza di porre finalmente rimedio a questa discriminazione, Unia chiede al parlamento di rendere la legge più incisiva. E continua a valutare la possibilità di lanciare un’iniziativa popolare sull’argomento (iniziativa Subito).