Vie sicure di fuga
«Per noi è chiaro che la politica delle frontiere chiuse, così com’è perseguita dall’Ue e dalla Svizzera, è sbagliata», afferma Aurora Garcia. «Causa tragedie indegne della civiltà europea. È miope e genera nuovi problemi anziché fornire soluzioni».
Soddisfazione, ma molta cautela
È muovendo da questa constatazione che la responsabile del dossier migrazione di Unia guarda al risultato del voto di domenica scorsa sulla revisione della legge sull’asilo. «Il sì alla legge è positivo perché rappresenta una sconfitta dell’UDC. Inoltre introduce elementi di maggiore attenzione per le persone più vulnerabili, in particolare i bambini. Ed enuncia il diritto per i profughi ad avere una consulenza giuridica e a essere informati. È importante che si rispettino i diritti dei profughi e non solo quelli degli Stati di accoglienza». I motivi di soddisfazione non celano però un grande cautela. «È chiaro che la legge rientra nella logica di rendere il paese meno attrattivo per i profughi. Una logica che va contro il principio delle frontiere aperte. Unia e le organizzazioni per l’aiuto ai profughi devono vegliare attentamente sulla sua applicazione », avverte Garcia.
Contingenti di profughi che possono entrare legalmente in Svizzera
A fine maggio, la Conferenza sulla migrazione di Unia ha rivendicato misure concrete per assicurare una politica d’asilo solidale e umana, misure che rimangono di attualità anche con la nuova legge. Da una parte c’è la richiesta di permettere alle persone in fuga, in particolare quelle più vulnerabili come donne e bambini, di giungere in Svizzera in modo sicuro. «La Svizzera potrebbe imitare il Canada e stabilire contingenti di profughi che possono entrare legalmente e in modo sicuro in Svizzera. Per questo sosteniamo anche la petizione che chiede alla Svizzera di accogliere 50 000 profughi, petizione che sarà consegnata alle autorità federali il 20 giugno». La Conferenza sulla migrazione reclama inoltre programmi per l’integrazione immediata dei profughi che giungono in Svizzera. «È importante che questa integrazione inizi, dal primo giorno. È anche nell’interesse della Svizzera. Bisogna prendere atto del realtà: queste persone sono destinate a rimanere a lungo nel paese. E come sindacato pensiamo che, oltre all’apprendimento della lingua, il lavoro sia lo strumento più immediato e pragmatico per permettere questa integrazione».