Progetto di ordinanza sulla cittadinanza: i criteri sono troppi e poco chiari
La normativa disciplina in particolare i criteri d’integrazione determinanti per ottenere la naturalizzazione. La lista è lunga. Può aspirare al passaporto rosso crociato chi ha un permesso di domicilio (C) e risiede quindi in Svizzera da almeno dieci anni ed è integrato nella comunità svizzera.
Conoscere la lingua non basta
Una persona è considerata integrata se possiede le necessarie conoscenze di una lingua nazionale e se rispetta la sicurezza e l’ordine pubblico. Deve partecipare alla vita economica e adoperarsi per l’integrazione della sua famiglia. Ma anche avere familiarità con la realtà svizzera e non compromettere la sicurezza interna o esterna del Paese.
Infine, tutti i candidati devono firmare una dichiarazione di lealtà, con cui si impegnano a rispettare i diritti fondamentali definiti dalla Costituzione, i principi dello Stato di diritto e l’ordinamento fondamentale democratico e libero della Svizzera. È un vero e proprio percorso del combattente.
Una lunga lista che in più ha il difetto di «essere formulata in modo poco chiaro. Si spalancano così le porte a discriminazioni e a soluzioni arbitrarie», rileva Aurora Garcia, che a Unia ha curato questo dossier. Un aspetto che preoccupa particolarmente il sindacato sono le nuove disposizioni secondo le quali la naturalizzazione sarà preclusa ai candidati che nei tre anni precedenti la domanda hanno usufruito dell’aiuto sociale o ne dipendono.
E i working poor?
Si chiudono così le porte in faccia ai cosiddetti working poor, cioè quelle persone che, poiché le paghe sono troppo basse, pur lavorando a pieno tempo sono costrette a ricorrere all’assistenza per sbarcare il lunario. Molti migranti, che sono in Svizzera da tempo, si trovano in questa penosa situazione, fa notare l’esperta di Unia per i temi della migrazione.
«In questo modo si riserva la cittadinanza solo alle persone ben formate e finanziariamente solide. Si tratta di una chiara discriminazione che il sindacato respinge categoricamente», afferma. I candidati devono poi prendere parte alla vita economica e questo potrebbe precludere le porte della naturalizzazione a chi beneficia di una rendita AVS e AI, sottolinea a sua volta l’Unione sindacale svizzera (USS).
Invece quando ha realizzato la totale revisione della legge sulla cittadinanza il Parlamento mirava ad una procedura trasparente e ad armonizzare il diritto di cittadinanza. Adesso «costatiamo che i criteri uniformi e le pari opportunità restano un pio desiderio», si rammarica Garcia. Questo perché le formulazioni sono vaghe. Che differenza c’è tra persona «integrata» e una «che ha familiarità con il modo di vivere svizzero»? si chiede spiegando le sue titubanze. Ciò rende il tutto nebuloso e i rischi sono così dietro l’angolo.
Sono parte della società
Unia è poi sempre dell’opinione che naturalizzazione non è sinonimo d’integrazione, ma è solo un passo verso questo obiettivo. Anche da un recente studio del Fondo nazionale emerge che la naturalizzazione svolge un ruolo positivo e accelera il processo d’integrazione, fa notare Garcia. Per questo il sindacato ritiene che la proceduta per ottenere il passaporto svizzero deve essere semplice, chiara, coerente ed equa. È nell’interesse della Svizzera accettare queste persone come parte della società. «È inaccettabile che un quarto della popolazione non possa prendere parte alla vita politica del paese», rileva l’esperta del sindacato, facendo notare come molti migranti siano qui ormai da decenni. «Questo è un riconoscimento che spetta loro da tempo», aggiunge. Le regole che il governo propone non vanno invece in questa direzione e vanno quindi corrette!