Il franco non deve Penalizzarci
Da quel famoso 15 gennaio molta acqua è passata sotto i ponti di Berna e i danni affiorano sempre più. «Calcoliamo che nei settori di competenza del nostro sindacato siano decine di migliaia i lavoratori e le lavoratrici che stanno pagando cara la fattura di quella decisione», afferma Beat Baumann. L’economista di Unia ha recensito finora molte imprese che hanno deciso, spesso senza coinvolgere il sindacato, di adottare provvedimenti per ridurre i costi. La maggior parte ha aumentato l’orario di lavoro, altre imprese hanno ridotto le paghe altre ancora hanno annunciato o attuato licenziamenti. Il bilancio sarebbe più pesante se Unia non fosse intervenuta, come invece ha fatto, presso le commissioni di fabbrica e le maestranze per sostenere i lavoratori e le lavoratrici che si sono opposti a decisioni abusive ed affrettate.
A tutto questo si devono aggiungere i tagli decisi dalla Holcim in seguito alla fusione con la francese Lafarge, quelli dovuti alla chiusura della Tamoil e preannunciati dalla Syngenta in Vallese. Unia poi non si occupa del settore bancario, dove non sono mancate recentemente le ristrutturazioni e i tagli di personale.
Cala il Pil
Che il rafforzamento del franco pesi negativamente sull’economia elvetica lo dimostra l’andamento del PIL del primo trimestre dell’anno: è calato dello 0,2 %. È stata la prima flessione dal 2011. In particolare le esportazioni di merci sono scese del 2,3 %. I settori che hanno risentito di più sono quello chimico- farmaceutico e l’industria metalmeccanica e di precisione. Non stupisce che la produzione industriale sia calata nei primi tre mesi dell’anno dello 0,5 % sempre rispetto al trimestre precedente. Potrebbe essere solo l’inizio, visto che molti ritengono che gli effetti del franco forte si dovrebbero far sentire soprattutto a partire dalla seconda metà dell’anno. Il sindacato è preoccupato e vede aumentare il rischio di deindustrializzazioni. Le più minacciate sono le piccole e medie imprese. I loro prodotti sono infatti destinati in prevalenza a importanti gruppi industriali elvetici e non manca chi ora preferisce rivolgersi a fornitori esteri meno cari.
Sfruttano la situazione
«La BNS può impedire che tutto questo avvenga», afferma Christian Gusset, che a Unia si occupa del settore Mem. Lo strumento più importante che ha a disposizione è quello del cambio. «Il franco – aggiunge – non deve penalizzarci, ma aiutarci» .La destra cerca poi di sfruttare la situazione «per mettere in atto l’offensiva neoliberista di demolizione sociale», afferma Corrado Pardini, responsabile dell’industria a Unia nell’introduzione del nuovo bollettino edito dal sindacato dal titolo «Il peso del franco sull’industria». «Quello che vogliono – vi si legge – è una Svizzera senza industria, senza sindacati e molto lontana dall’Europa». Non è un mistero infatti che la destra vuole smantellare le conquiste sociali, rendere i contratti collettivi di lavoro meno incisivi e ridurre i diritti dei lavoratori. «La loro Svizzera è in rotta di collisione con la nostra Svizzera», aggiunge.
Un cambio equo
Il programma del sindacato è ben diverso. «Vogliamo che la BNS ritorni suoi passi e indebolisca il franco nei confronti dell’euro per arrivare ad un cambio equo», afferma Gusset. Per aiutare le esportazioni, a breve termine poi l’istituto centrale deve cambiare gli euro ricavati da operazioni di export reali e comprovate applicando un cambio realistico. Il tutto va finanziato con una tassa sui flussi di divise. A più lungo termine invece Berna deve definire meglio il mandato dell’istituto centrale: oltre alla stabilità della valuta deve garantire, come fa per esempio la Fed americana, la stabilità dei posti di lavoro.
Per sostenere il consumo e le prestazioni sociali, il sindacato chiede di vietare le riduzioni salariali che mirano solo a scaricare i rischi imprenditoriali sui lavoratori. AVS, casse pensioni e altre assicurazioni sociali vanno protette dagli interessi negativi. Anche gli enti pubblici possono fare la loro parte sostenendo l’economia e non attuando programmi d’austerità che accentuano il rischio di recessione.
E perché tutto questo non resti solo nella carta, ma diventi realtà il sindacato invita i datori di lavoro a stringere insieme un patto sociale. Perché solo agendo insieme si possono salvare posti di lavoro e fermare il pericolo di deindustrializzazione.