Nel 2023, all’interno di 36 grandi aziende svizzere esaminate, il rapporto tra il salario più basso e quello più elevato si attestava in media a 1:143, rispetto al rapporto di 1:139 dell’anno precedente. Ciò significa che la persona con il salario più basso deve lavorare 143 anni per raggiungere la retribuzione annua del suo CEO.
La classifica delle retribuzioni abusive è guidata dal boss di UBS Sergio Ermotti, che in nove mesi di lavoro ha guadagnato 14,4 milioni di franchi. Proiettando quest’importo su 12 mesi, si arriva a una retribuzione colossale di 19,2 milioni di franchi l’anno.
La seconda posizione è occupata da Vasant Narasimhan, il CEO di Novartis, che guadagna 16,2 milioni l’anno. Il CEO di Nestlé Ulf Mark Schneider deve accontentarsi del terzo posto, con una retribuzione che nel 2023 ha registrato un aumento del 9,2%, passando da 10,3 a 11,2 milioni di franchi.
Di fatto gli azionisti hanno beneficiato di versamenti enormi per un totale di 45 miliardi di franchi. La fetta maggiore è andata agli azionisti di Roche (7,9 miliardi), Nestlé (7,8 miliardi), Novartis (6,5 miliardi) e Zurich Insurance (3,7 miliardi). L’aspetto più sconvolgente è che i quadri superiori e gli azionisti continuano ad arricchirsi anche e soprattutto nelle aziende che hanno annunciato licenziamenti collettivi come Novartis e Roche.
Ne è un esempio negativo anche UBS: in Svizzera varie migliaia di persone perdono il lavoro, ma nel contempo Ermotti si arricchisce e gli azionisti intascano utili miliardari, per giunta in società salvate con denaro pubblico.
In occasione di una conferenza stampa, Noémie Zurlinden, economista di Unia e autrice dello studio, ha sottolineato che «il 2023 è stato un anno eccellente per le maggiori aziende svizzere. I loro utili hanno registrato un aumento medio del 45% rispetto all’anno precedente. A beneficiare di questo successo sono i quadri superiori, mentre i normali lavoratori e le normali lavoratrici sono rimasti praticamente a mani vuote».
Vania Alleva, presidente del sindacato Unia, chiede una migliore redistribuzione e lancia un monito perché negli ultimi anni i salari reali hanno registrato una riduzione generalizzata: «queste cifre dimostrano che il rifiuto dei datori di lavoro di accordare aumenti ha una ragione puramente ideologica. Lo dimostra la forbice salariale sempre più larga: nel 2023 le retribuzioni elevate hanno registrato un continuo aumento, mentre al netto del rincaro i salari reali sono diminuiti.
Considerando la ricchezza creata dalle aziende, è inaccettabile che le lavoratrici e i lavoratori subiscano una riduzione costante del loro reddito disponibile, eroso dal rincaro e dai continui aumenti dei premi delle casse malati, i cui importi sono uguali a quelli di un CEO».
In vista delle trattative autunnali, Unia invita chiunque si riconosca in questa rivendicazione a partecipare alla grande manifestazione per i salari in programma sabato 21 settembre. La pressione delle strade è necessaria per ridurre le disparità e distribuire in modo più equo i frutti del lavoro.
Ci vediamo alla grande manifestazione per i salari a Berna!