Le richieste principali riguardano direttamente o indirettamente il tempo di lavoro: i muratori chiedono regole più chiare per l’interruzione del lavoro in caso di maltempo. Non vogliono ritrovarsi ogni volta a dover recuperare le ore di lavoro perse a causa delle intemperie.
«Le assicurazioni contro il maltempo esistono già, devono soltanto essere utilizzate secondo regole chiare», ha ricordato Nico Lutz, co-responsabile per Unia del settore edile. Un’idea sostenuta con forza anche da Sebastian Gummert, lavoratore edile e militante Unia, presente alla conferenza stampa, che ha ribadito: «Abbiamo bisogno di regole nazionali valide per tutti in caso di maltempo. A volte ci si trova a lavorare a meno 10-15 gradi sotto le intemperie, non è proprio una passeggiata».
Gli edili chiedono anche giornate lavorative più corte, ovvero una settimana lavorativa di 40 ore, e una pausa supplementare retribuita. Inoltre, sono stanchi di dover regalare ore e chiedono che il tempo di viaggio dall’azienda al cantiere sia interamente retribuito. Attualmente, infatti, una mezz’ora al giorno non viene pagata. Oltre a tutto questo, gli edili rivendicano protezioni contro il licenziamento per i lavoratori più anziani, forti limitazioni del lavoro interinale e un miglioramento generale delle condizioni d’igiene sui cantieri.
La pressione per le consegne sui cantieri negli ultimi anni è aumentata. A dirlo sono gli edili stessi, in un sondaggio Unia precedente a quello relativo al Contratto nazionale mantello, e le statistiche: il numero di occupati nel settore diminuisce sempre di più, mentre gli affari aumentano costantemente: dal 2011 al 2021 siamo passati da un volume d’affari di 19,8 miliardi a uno di 23,1 miliardi di franchi.
Per Nico Lutz, «i lavoratori edili pagano un prezzo molto alto per questa crescita. Abbiamo una delle regolamentazioni in materia di lavoro più flessibili in assoluto. In estate, già il solo lavoro pianificato si attesta spesso attorno alle 9 ore e quindi sono 10-11 ore al giorno, spesso in presenza di grande calura. E nell’Edilizia principale il tempo di viaggio fino al cantiere non rientra nell’orario di lavoro. Quindi alle ore svolte vanno ad aggiungersi ancora due o tre ore di viaggio. Ciò significa che in estate i lavoratori edili escono di casa alle 5.30 del mattino e rientrano a casa stanchi morti alle 19.30. I lavoratori edili amano la loro professione, se però devono lavorare tutta la settimana con questi orari, senza vedere quasi più i loro figli e le loro famiglie, allora c’è qualcosa che non va».
Nonostante ciò, alcuni costruttori sognano giornate di lavoro ancora più lunghe: «Durante il primo incontro negoziale, gli impresari costruttori sono rimasti sul vago: hanno parlato di flessibilità e semplificazioni contrattuali. Abbiamo capito però ciò che vogliono: il calcolo del tempo di lavoro annuale e la settimana di 50 ore».
Gli impresari costruttori, o quantomeno i più estremisti tra loro, non riescono a vedere ciò che sta succedendo nel settore. Negli ultimi dieci anni, il numero di apprendisti nell’edilizia si è quasi dimezzato. Inoltre, un lavoratore edile qualificato su due abbandona la professione o cambia ramo professionale.
A mancare non sono solo lavoratori, ma anche i quadri: la carenza di capi operai, capi muratori o direttori dei lavori è già preoccupante. Una situazione che potrà soltanto peggiorare non appena la generazione dei baby boomers andrà in pensione.
Per alcuni impresari costruttori, però, il rinnovo del Cnm non sembra essere una priorità e riescono a immaginarsi persino un settore non regolato dal contratto. Una situazione non nuova che in passato però si è risolta sempre con accordi o con dure reazioni da parte dei lavoratori.
Per Nico Lutz è chiaro che se i costruttori faranno orecchie da mercante, il sindacato dovrà cambiare strategia: «Il nostro obiettivo non è quello di scioperare, ma di trovare soluzioni durante trattative dure ma leali. Se così non fosse è chiaro che dovremo cambiare atteggiamento. Un sindacato che non riesce a scioperare non è un sindacato».