La festa nazionale era già pronta: la dirigenza aveva organizzato e annunciato per giugno un congresso pubblico a Berna in presenza, tra gli altri, della Presidente di Unia Vania Alleva e del Segretario generale della Cgil Maurizio Landini. I due relatori erano stati invitati per sottolineare la natura sindacale e binazionale dell’ente di formazione, nato in seno al movimento dei lavoratori migranti italiani, e diventato in breve tempo una delle realtà più importanti nell’ambito della formazione per adulti in Svizzera. Alla fine dell’incontro era prevista una grande cena in presenza del personale e di numerose personalità della scena politica e sindacale della Svizzera. Questa e altre celebrazioni di carattere regionale sono state ovviamente annullate e rimandate a una data indefinita. Le preoccupazioni della dirigenza e dei lavoratori di Ecap sono ora rivolte alla situazione di crisi provocata dal coronavirus.
Dumping e insicurezza
In un recente articolo apparso a fine aprile sulla Sonntagszeitung, emerge che a soffrire non è solo Ecap, ma tutto il ramo della formazione, con molte scuole di piccole dimensioni che rischiano di chiudere. Le attività sono rimaste pressoché bloccate per due mesi e la formazione a distanza è riuscita a sopperire soltanto in minima parte al divieto di assembramento. Le recenti disposizioni del governo, come afferma Guglielmo Bozzolini, direttore Ecap, «danno il via libera all’insegnamento in classe in gruppi di 5 persone, compreso il docente. Questa scelta però è preoccupante: la maggior parte delle scuole potrà coprire i costi di esercizio soltanto comprimendo gli stipendi. Il pericolo all’orizzonte è quello del dumping, se non si agisce subito. Ecap è una realtà più solida, ma non nego che per far fronte alle enormi perdite ci aspettano mesi di risparmi». Anche in materia di sicurezza sanitaria, Bozzolini appare preoccupato: «C’è poco tempo per applicare a pieno le misure di sicurezza previste. Le misure, inoltre, hanno costi elevati e non c’è certezza sulla loro copertura. Non vedo nemmeno una seria politica dei controlli, che sono necessari in contesti come i nostri, perché meno esposti al pubblico rispetto ad altre realtà produttive».
Formazione a distanza
Negli scorsi due mesi le attività d’insegnamento di Ecap non si sono fermate del tutto. L’ente ha fatto e fa tuttora ricorso al lavoro ridotto, ma alcuni insegnanti hanno continuato a lavorare. Nel mese di aprile il personale Ecap rimasto attivo si è formato sulla didattica a distanza e molti corsi sono stati svolti grazie alle moderne tecnologie. Per Bozzolini, tuttavia, è stata persa un’occasione importante: «La crisi avrebbe dovuto offrire l’occasione alle autorità pubbliche per insistere sulla formazione a distanza, pur tenendo in considerazione le difficoltà che questa pone ai lavoratori poco qualificati e ai più anziani. Proprio su questo tema comunque occorrerebbe mettere in piedi un programma confederale contro il divario digitale per dare pieno accesso a tutti alle tecnologie dell’informazione. Su questo tema stiamo lavorando da anni come ente attraverso convegni e progetti, anche di carattere europeo». Proprio sulla formazione a distanza, Ecap ha deciso di investire sempre di più sia sviluppando rapidamente un’ampia offerta formativa (www.ecap.ch/online), sia sostenendo le possibilità di autoapprendimento della lingua tedesca, attraverso la pubblicazione di esercizi sulle proprie pagine Facebook e sul sito internet.
50 anni
Era il 1970 quando Leonardo Zanier (cfr. l’articolo) portava in Svizzera l’esperienza Ecap-Cgil, per offrire ai lavoratori italiani la possibilità di una formazione completa e non solo funzionale al padronato: «L’idea di Leonardo Zanier è rimasta tale per noi anche se il contesto storico è cambiato molto da allora. La formazione degli adulti è per noi, non solo un processo di crescita professionale ed emancipazione personale, ma anche parte di un progetto di trasformazione della realtà». Ecap è l’eredità più importante lasciataci da Zanier, che ha intuito sin da subito l’importanza di aprirsi e superare i propri confini, siano essi geografici, linguistici o culturali: «La sfida è mantenere questo spirito anche per i prossimi 50 anni, rimanendo sempre al passo con i tempi».