Novartis, un altro colpo di mannaia
Sono passati appena tre anni dall’ultima grande ristrutturazione nella sede basilese di Novartis. Già nel 2014 erano stati tagliati 500 posti di lavoro a tempo pieno. Ora la mannaia colpisce nuovamente il personale del gigante farmaceutico a Basilea. Secondo Unia, le misure annunciate riguarderebbero 162 posti di lavoro nella produzione, 109 nello sviluppo, 167 nel management farmaceutico e 105 nei servizi (finanze, risorse umane, informatica, acquisti e immobili). Le cifre non sono state tuttavia confermate dall’azienda.
Delocalizzazione in India
Novartis non ha ancora fornito molti dettagli sulla ristrutturazione, ma ha fatto sapere di voler chiudere due siti di produzione chimica nel Campus di Basilea/St. Jakob e a Schweizerhalle. Questi siti già oggi sono utilizzati solo parzialmente. Vi vengono prodotti componenti di medicinali quali Myfortic, Exjade, Cibacen e Voltaren. La riorganizzazione riguarderà inoltre l’unità Novartis Business Services, creata nel 2014 per rendere più efficienti e meno costosi i servizi interni all’azienda. Già al momento della sua creazione, il responsabile dell’unità, André Wyss, aveva accennato a un possibile trasferimento all’estero di operazioni di routine. Almeno parte dei posti di lavoro di questa unità dovrebbero essere trasferiti a Hyderabad, nell’India meridionale, dove lavorano già 3.500 dipendenti di Novartis.
Conseguenza del franco forte
La misura mira evidentemente a ottenere dei risparmi. «Potenzialmente si tratta di una reazione al rafforzamento del franco dopo l’abbandono del tasso di cambio fisso nel gennaio 2015», ha osservato un analista del Credit Suisse citato dal giornale L’Express/L’Impartial. «I costi di produzione in Svizzera sono esplosi. Novartis ha dunque deciso di sopprimere qui quello che può ottenere a minor prezzo altrove». Non è però noto se la delocalizzazione riguardi solo attività poco qualificate. Nello stesso tempo Novartis ha annunciato la sua intenzione di creare 350 nuovi posti di lavoro in settori ad alta tecnologia, nell’ambito molto redditizio dei prodotti farmaceutici e delle biotecnologie. Ai dipendenti toccati dalle misure di ristrutturazione, l’azienda ha promesso sostegno nella ricerca di nuovi posti di lavoro, interni o esterni. Sono inoltre previsti pensionamenti anticipati e un piano sociale.
Know-how a rischio
Unia ha criticato aspramente le misure annunciate, a suo avviso incomprensibili a fronte degli utili realizzati da Novartis. Il sindacato ha chiesto all’azienda di rinunciare alla soppressione di posti di lavoro e di fornire garanzie per la sicurezza del personale e della piazza industriale svizzera. «Ad essere minacciati non sono solo 500 posti di lavoro, ma anche il know-how dell’azienda», ha scritto Unia in un comunicato. Il sindacato chiede che i 350 nuovi posti di lavoro che l’azienda vuole creare siano occupati da chi già lavora per la Novartis. L’azienda deve proporre ai dipendenti colpiti dal piano di ristrutturazione corsi di riqualificazione e nuovi impieghi. Unia ha anche deplorato il clima di insicurezza che le continue ristrutturazioni hanno creato nel personale: «L’azienda è tenuta a offrire ai suoi dipendenti in Svizzera, che si distinguono per un’alta produttività, sicurezza e prospettive a lungo termine». Il sindacato ha rivendicato per i rappresentanti del personale almeno tre mesi di tempo per elaborare proposte alternative alla soppressione dei posti di lavoro e quindi un prolungamento dei termini per la fase di consultazione. Unia offrirà il suo sostegno ai dipendenti in questo processo. In Svizzera Novartis dà lavoro a circa 13.000 persone, di cui 10.000 nell’area di Basilea. I dipendenti dell’azienda in tutto il mondo sono 118.000.