1º maggio all’insegna dello sciopero delle donne*
Le donne in Svizzera sono arrabbiate. Lo mostrano con chiarezza oggi in occasione della festa del 1º maggio. A Zurigo, Berna, Basilea, Altdorf, Losanna Lugano o Sion rivendicano durante le manifestazioni, i comizi e le feste rispetto, più salario e più tempo. In vista della giornata d’azione e di sciopero delle donne* del 14 giugno emerge che in Svizzera le donne sono tante e sono pronte a lottare.
L’ingiustizia ha un genere
La presidente di Unia Vania Alleva interviene la mattina a Winterthur ZH e la sera ad Altdorf UR. Nel suo discorso sottolinea che oggi anziché trovarci in una situazione di equilibrio sociale e di integrazione siamo confrontati ad una crescente disparità e discriminazione. «L’ingiustizia ha anche un genere. Nella ricca Svizzera, noi donne continuiamo a guadagnare in media il 17% in meno rispetto ai nostri colleghi maschi. Ripeto in media. Nella nostra esperienza sindacale quotidiana riscontriamo spesso casi molto più estremi. Noi ci opponiamo a tutto questo basandoci su valori forti: solidarietà, equilibrio sociale, giustizia e libertà.»
Nessuna legge permette una discriminazione contro le donne
Véronique Polito, esponente del Comitato direttore di Unia, prende la parola a Bienne BE, invitando le donne a partecipare numerose alla giornata d’azione e di sciopero delle donne* del 14 giugno. “Per le donne la ‘pace del lavoro’ non ha senso fino a quando permangono la disparità salariale e il sessismo. Il diritto allo sciopero è un diritto inalienabile sancito negli accordi internazionali come pure nella Costituzione federale. Nessuna legge dà il diritto di pagare sistematicamente male le donne e di sfruttarle”, afferma Polito.
Più giustizia
Nel suo discorso a Thun BE Corrado Pardini, esponente del Comitato direttore di Unia, rivendica più giustizia e sottolinea: «Per noi è inaccettabile lavorare a fianco di una collega che pur facendo lo stesso lavoro continua a guadagnare molto meno di noi. La disparità salariale non è solo ingiusta e stupida, ma da decenni è anche illegale e incostituzionale.»