Unia chiede le dimissioni della direzione della BNS
Venerdì 15 gennaio è trascorso un anno dalla decisione della direzione della Banca nazionale di abolire il tasso di cambio minimo del franco rispetto all’euro. I danni causati all’economia reale sono evidenti.
Gravi conseguenze per l’economia
- Al posto della breve impennata del tasso di cambio e della successiva stabilizzazione a 1.10 franchi per euro, come auspicato dal presidente della Banca nazionale, nell’ultimo anno il tasso di cambio medio si è attestato su 1.06 franchi. Eppure anche un tasso di cambio di 1.10 sarebbe ancora decisamente troppo basso.
- Malgrado le previsioni di crescita dell’1,9%, nel 2015 l’economia svizzera è riuscita a crescere solo dello 0,7%. Fino al mese di novembre l’industria MEM ha registrato un crollo delle esportazioni di ben il 6,4%. Il turismo ha registrato un calo del 13% degli ospiti provenienti dall’UE.
- Se nella maggior parte degli Stati UE la disoccupazione è in calo, in Svizzera registra un aumento (fine dicembre: + 7,6% rispetto all’anno precedente). I rami più colpiti sono soprattutto i comparti industriali classici, l’industria orologiera (tasso di disoccupazione del 9,2%) e l’industria alimentare (6,4%). Anche l’industria alberghiera e il commercio al dettaglio hanno subìto una soppressione di posti di lavoro.
- Nei rami in cui Unia conclude CCL, la sopravvalutazione del franco è costata circa 7000 posti di lavoro (senza considerare il licenziamento di massa alla Alstom!). Secondo l’Unione svizzera degli imprenditori, l’industria di esportazione rischia di perdere 20'000 posti di lavoro. È cinico parlare di «cambiamento strutturale» come ha fatto Thomas Jordan.
- La forte contrazione dei margini costringe numerose aziende industriali a rinviare urgenti investimenti e a delocalizzare all’estero una parte crescente della produzione. Si innesca così un processo di deindustrializzazione con conseguenze devastanti per la piazza economica svizzera.
A farne le spese sono i lavoratori
Sono soprattutto i lavoratori a pagare le conseguenze della crisi valutaria. Decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici sono stati costretti a prestare ore di lavoro gratuito. I tassi d’interesse negativi della BNS nuocciono inoltre alle casse pensioni e mettono sotto pressione le loro prestazioni. Il conto più salato lo pagano i lavoratori che perdono il posto di lavoro. Tra la popolazione si sta diffondendo un clima di paura per la disoccupazione e il declino sociale.
La direzione della BNS si è giocata la nostra fiducia
La Svizzera ha bisogno di una politica monetaria che sia utile alla sua economia: questo è ciò che fanno praticamente tutte le banche centrali e ciò che prevede espressamente il mandato della Banca nazionale. La BNS deve finalmente definire un nuovo obiettivo valutario, ancorando ad esempio il franco a un paniere di valute. Unia non crede più che l’attuale direzione della BNS abbia la capacità e la volontà di farlo. Invita pertanto Thomas Jordan e gli altri membri della direzione della BNS a dimettersi per consentire l’adozione di una politica monetaria che torni ad essere nell’interesse generale del Paese.