Il franco forte continua a pesare
«L’industria ha un’importanza fondamentale per l’economia svizzera, contribuendo a un quinto del prodotto interno lordo», ricordano il sindacato e l’associazione mantello delle Pmi del ramo nella presentazione dello studio, commissionato all’università di San Gallo e realizzato dal noto economista Franz Jaeger in collaborazione con Tobias Trüsch. «Il nerbo dell’industria metalmeccanica sono le Pmi», proseguono le due organizzazioni. Il problema è che il tasso di cambio tra franco ed euro grava in modo particolare proprio sulle Pmi orientate all’esportazione. I loro margini di guadagno si sono assottigliati pericolosamente, tanto da diventare un problema esistenziale. E da spingere padronato e sindacato ad allearsi per far sentire la propria voce.
Impatto negativo sull’impiego
Nell’ambito dello studio sono state interpellate circa 200 aziende che fanno capo a Swissmechanic. Dall’indagine emerge che la forza del franco è percepita come il fattore di gran lunga più sfavorevole per l’industria elvetica. Per il 40% delle aziende interrogate, la situazione valutaria ha avuto un impatto negativo sul fronte dell’impiego. In oltre il 50% dei casi ha causato nel periodo 2014-2016 un peggioramento dei margini di guadagno. Per quasi la metà delle aziende i margini sono scesi sotto il 5%, un livello che a lungo termine non è sostenibile. Il 10% delle aziende è addirittura in perdita. La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che le imprese hanno difficoltà a ottenere crediti
Costi unitari di lavoro
Per gli autori dello studio non c’è dubbio che l’evoluzione negativa sia da addebitare alla forza del franco: i costi unitari del lavoro in Svizzera sono inferiori a quelli della Germania e di altri paesi europei, a eccezione dell’Irlanda, se calcolati in base alla valuta di ogni paese, ma diventano i più alti in assoluto se tradotti in euro. Senza l’impatto del franco forte, nell’industria svizzera ci sarebbero oggi 100'000 posti di lavoro in più, di cui 55'000 nel ramo metalmeccanico, ritengono gli economisti dell’università di San Gallo.
Appello alla BNS
Per ovviare a questa situazione, gli autori propongono vari provvedimenti. Innanzitutto ritengono che la Banca nazionale dovrebbe mirare a un tasso di cambio strategico di 1,18-1,20 franchi per euro. Sarebbero inoltre da valutare nuove forme di finanziamento delle Pmi, al di là dei crediti bancari. La formazione professionale, considerata la base per l’innovazione, andrebbe rafforzata, in particolare pensando alle sfide poste dalla digitalizzazione.