Unia e DB criticano comportamento di Tally Weijl
Che il franco forte sia un problema tutti ormai lo sanno, ma per il sindacato Unia la via imboccata dalla Tally Weijl per farvi fronte è inaccettabile. Questa catena di negozi presente in 37 paesi e con oltre 800 negozi, di cui quasi la metà in franchising, ha deciso di pagare in euro le nuove persone (svizzeri o frontalieri) che saranno assunte presso la sua sede centrale di Basilea, dove attualmente lavorano circa 200 persone.
Esempi precedenti
La reazione del sindacato Unia, affiancato dalla Dichiarazione di Bern, importante organizzazione che si batte per migliori condizioni di lavoro nei paesi emergenti, non si è fatta attendere. In questo modo il rischio del tasso di cambio viene trasferito sulla mano d’opera. Mentre è chiaro che «le fluttuazioni del cambio rientrano tra i rischi imprenditoriali», sottolinea Hansueli Scheidegger, che a Unia Basilea segue attentamente il tema dei salari in valuta europea. Le paghe in euro o differenziate per svizzeri e frontalieri erano già state al centro di ampie discussioni in passato. In particolare presso la Stöcklin (Unia era ricorsa con successo alle vie legali) e la Straumann. Le due imprese della regione renana avevano infine rinunciato ai loro progetti di risparmio a scapito delle paghe dei dipendenti.
Una lettera aperta
Adesso Unia e la Dichiarazione di Berna sperano di riuscirci ancora una volta. Prima di tutto facendo pressione sull’opinione pubblica, ma anche sulla direzione di Tally Weijl. In questi giorni le due organizzazioni hanno inviato una lettera aperta al Ceo della catena di negozi, Beat Grüring. Criticano la decisione sui salari in euro. Invitano inoltre il gruppo ad essere più trasparente e ad assumersi le sue responsabilità.
Un modo sarebbe quello di cooperare con la Campagna Clean Clothes, che in Svizzera è gestita dalla DB. Essa mira a migliorare le condizioni di lavoro nei paesi di produzione, come Cina, Bangladesh o India, dove si riforniscono molte catene di abbigliamento. L’obiettivo è di garantire ai lavoratori di questi paesi un salario vitale minimo, mentre l’impresa basilese si accontenta di citare i salari minimi previsti dalla legge, che in quei paesi sono molto più bassi.
Trattare insieme
Unia fa poi notare che Tally Weijl non ha nemmeno partecipato in Svizzera ad uno studio comparato sulle condizioni di lavoro in vigore nel commercio al dettaglio. Non ha finora neppure concluso con il sindacato un Contratto collettivo di lavoro per il suo personale. Le due organizzazioni invitano quindi l’impresa ad assumersi le sue responsabilità e a intavolare negoziati con sindacati e organizzazioni della società civile per introdurre insieme i miglioramenti necessari.