«Solo la lotta ci salverà»
A raccontare questa storia durante i lavori della Conferenza delle donne Unia è stata una delle protagoniste di questa protesta così estrema, ovvero Sylvie Kimissa Esper. L’energia, la rabbia, la grande capacità oratoria di questa donna hanno rapito tutte le 160 militanti e sindacaliste presenti a Bellinzona il 20 e 21 maggio. La Conferenza era dedicata al cosiddetto femminismo intersezionale, ovvero a quell’insieme di pratiche, riflessioni e lotte che tengono conto delle discriminazioni multiple a cui sono soggette moltissime donne.
Le lavoratrici dell’Ibis di Parigi hanno tutte origini migranti e hanno dovuto combattere contro discriminazioni di classe, di genere e contro gli stereotipi legati alla loro provenienza che le vorrebbero passive e pronte ad accettare qualsiasi situazione lavorativa ed esistenziale.
Il sostegno sindacale
Le condizioni di lavoro delle cameriere ai piani impegnate nell’hotel Ibis erano da incubo: «Eravamo costrette a completare una camera ogni 17 minuti, un’impresa impossibile per alcune camere lasciate in condizioni pietose dai clienti. Non avevamo nessun cartellino che registrasse il nostro tempo di lavoro effettivo. Praticamente si trattava di un impiego a cottimo. I nostri salari, inutile dirlo, erano da fame e non prevedevano nessun rimborso spese per i pranzi. Le molestie di stampo sessista erano all’ordine del giorno. Alcuni clienti pensano che siamo delle prostitute: una volta mi sono trovata un ospite completamente nudo che mi invitava a pulire comunque la sua camera. Abbiamo persino avuto un caso di violenza sessuale nei confronti di una delle nostre colleghe da parte di un dirigente».
Tutto questo era davvero troppo. Lo sciopero è scoppiato nel luglio del 2019, a seguito di alcuni trasferimenti abusivi di lavoratrici, e si è protratto fino al marzo del 2020, quando è scoppiata la pandemia.
Il sindacato Cgt-hpe presente nel ramo alberghiero ha sostenuto le lavoratrici e ha pagato loro l’indennità di sciopero: «Con lo scoppio della pandemia abbiamo dichiarato di voler ritornare a lavorare, per poter ricevere la cassa integrazione e alleggerire così il nostro sindacato, ma abbiamo continuato a lottare organizzando azioni di protesta e di disturbo all’interno dell’hotel stesso. I pochi clienti presenti nell’hotel avevano a che fare con lavoratrici arrabbiate e molto rumorose, non proprio una bella esperienza per loro».
Queste lavoratrici, prima invisibili e senza voce, hanno conquistato così l’attenzione dei media nazionali e hanno costretto il datore di lavoro nel maggio dello scorso anno a sedersi attorno a un tavolo e ad accettare buona parte delle loro rivendicazioni.
Per Kimissa Esper questa battaglia ha dimostrato ancora una volta l’importanza del conflitto per la causa delle donne: «Solo la lotta può toglierci da situazioni di sofferenza inaccettabile e migliorare le nostre vite».
Ticino protagonista
Durante i lavori della Conferenza, non sono mancati altri momenti forti. A parlare al pubblico è stata anche Silvia Dragoi, badante attiva da anni in Ticino e militante Unia, che ha ricordato le difficoltà a cui vanno incontro le lavoratrici delle cure costrette all’invisibilità del lavoro domestico. In caso di abusi queste donne sono confrontate con la solitudine. Una situazione che il Collettivo badanti ticinese cerca da anni di superare.
All’intervento di Dragoi ha fatto seguito quello di alcune lavoratrici frontaliere della Riri, azienda di Mendrisio che produce cerniere, che all’inizio dello scorso aprile hanno incrociato le braccia per protestare contro il difficile clima lavorativo, fatto anche di insulti pesanti da parte di alcuni responsabili, e i turni massacranti.
Questo sciopero, che ha visto alcune donne in prima linea, ha costretto la dirigenza della Riri a sedersi a un tavolo con i sindacati e ha spinto l’ispettorato del lavoro a vigilare sulle condizioni di lavoro all’interno dell’azienda.