Cresce la precarietà peggiora la salute
La scorsa settimana, l’Uss ha convocato una conferenza stampa per lanciare l’allarme: in Svizzera, il lavoro interinale è aumentato di dieci volte dal 1995. Oggi le ore di attività mediate da agenzie di prestito di personale costituiscono il 2,6% del totale delle ore lavorate.
Per Vania Alleva, Presidente Unia e Vicepresidente dell’Uss, è chiaro: «La crescita esponenziale del lavoro mediato dalle agenzie di prestito del personale in Svizzera è un segnale d’allarme. Per tale ragione è importante che il lavoro interinale sia equiparato in termini di diritti al lavoro a tempo indeterminato e costituisca una soluzione di transizione e non la norma». E aggiunge: «In questi ultimi anni siamo riusciti a ottenere diritti importanti per i lavoratori interinali, come ad esempio il Ccl Prestito di personale, in vigore dal 2012, ma molto resta ancora da fare».
Un concetto complesso
I lavoratori delle agenzie interinali sono stati per anni associati al lavoro precario nel suo complesso. In realtà, la precarietà non caratterizza soltanto questa categoria ma è un concetto sfaccettato e non semplice da definire. Ogni tipo di contratto a tempo determinato, a prescindere dalla mediazione di un’agenzia, che non permetta una pianificazione a lungo termine dell’esistenza, è fonte di precarietà. Anche i rapporti di lavoro incompatibili con i ritmi usuali della vita sociale, come il lavoro a chiamata, il lavoro a turni o i lavori serali, notturni o nel fine settimana sono caratteristici di tale fenomeno; i carichi di lavoro troppo bassi o eccessivi possono essere annoverati come rapporti di lavoro precari o atipici. Non da ultimo, il finto lavoro indipendente, lanciato con grande forza dal modello Uber ma caratteristico anche di molti rapporti di lavoro al di fuori della sfera del digitale, è parte di questa galassia lavorativa che rende incerta, rischiosa e problematica l’esistenza nel presente e anche nel futuro: i rapporti di lavoro precari o atipici non permettono di maturare i requisiti per una pensione dignitosa.
La salute
In generale, per gli studiosi la precarietà in ambito lavorativo è connessa con un forte senso di insicurezza e rischio, con l’estrema difficoltà a pianificare l’esistenza o a partecipare alla vita sociale e politica, con scarse possibilità di incidere sul contesto lavorativo e, non da ultimo, con entrate inferiori alla media. La precarietà ha anche un impatto negativo sulla salute. Come afferma Francesco Giudici, sociologo e dipendente dell’Ufficio di Statistica del Canton Ticino, «molte ricerche hanno dimostrato che i rapporti di lavoro atipici sono più dannosi di quelli standard». In un suo recentissimo studio (“20 Years in the world of work: A study of (non standard) occupational trajectories and health”), Giudici, insieme al ricercatore dell’Università di Losanna Davide Morselli, è riuscito a dimostrare, a partire dall’analisi di dati relativi a 5690 lavoratori attivi in Svizzera, l’impatto negativo della precarietà sullo stato di salute mentale. I due ricercatori hanno ricostruito le carriere lavorative di centinaia di persone e hanno analizzato l’insorgenza di disturbi psichici. Tra le molte malattie, la depressione è quella più comune e colpisce in percentuale di più le donne in condizioni lavorative precarie rispetto agli uomini. Anche per i lavoratori e le lavoratrici in età avanzata, la precarietà è fonte di malessere mentale maggiore rispetto alle persone più giovani. In generale, lo studio, innovativo perché analizza l’evoluzione di carriere lunghe venti anni e l’interazione di diversi fattori oggettivi che creano insicurezza sul lavoro, sottolinea che la precarietà è nociva soprattutto laddove diventa una condizione permanente e non soltanto una tappa verso un percorso professionale più stabile e sicuro.
Fare di più
Per il fronte sindacale è chiaro: la precarietà, in tutte le sue forme, deve essere limitata. Una delle tante proposte è quella di concedere appalti pubblici ad aziende che impiegano buona parte dei dipendenti con contratti a tempo indeterminato. Allo stesso tempo, è importante però garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori precari.
Per Luca Cirigliano, della segreteria centrale dell’Uss, è necessario «aumentare i controlli sui posti di lavoro in materia di sicurezza e salute e migliorare il diritto del lavoro, affinché i sindacati riescano con più facilità a entrare in contatto con il lavoro precario».
Per Christine Michel, responsabile del sindacato Unia per la protezione della salute, «oltre ai controlli è necessario fare prevenzione e soprattutto dare voce ai lavoratori precari sui luoghi di lavoro in materia di salute. Questi devono avere inoltre la possibilità di mettere dei paletti nel momento in cui determinate situazioni mettono in pericolo la loro salute».