A Tunisi c’era meno ottimismo
A due anni dal precedente incontro a Tunisi alcune cose sono cambiate e non in meglio ha costatato il portavoce di Unia Pepo Hofstetter, che insieme ad una decina di esponenti del sindacato ha partecipato al Forum (gli svizzeri presenti erano circa una sessantina) e in seguito visitato fabbriche, la zona mineraria del paese nordafricano e assistito ad un’assemblea del personale di un albergo. «Nel 2013, quando si è tenuto sempre a Tunisi il precedente incontro sociale mondiale si risperava un’altra aria. La gente era motivata e decisa a cambiare le cose», afferma. Quest’anno ha costatato un certo disincanto. La popolazione è meno ottimista.
Tanti delusi
Questo perché negli ultimi 4 anni, dopo la caduta del regime di Ben Ali, in Tunisia le cose non sono evolute nella direzione sperata da chi aveva partecipato alla rivoluzione dei gelsomini. Il Paese ha adesso un governo neoliberale, la disoccupazione è molto alta, soprattutto tra i giovani, il turismo è in crisi e il debito internazionale cresce. Vi è poi il problema della vicina Libia, in preda a lotte interne, dove molti tunisini in passato andavano a lavorare. A tutto questo si deve aggiunge il terrorismo, che proprio alla vigilia del Forum ha colpito duramente la capitale: l’attentato al museo del Bardo ha provocato 24 morti, soprattutto tra turisti, e decine di feriti.
L’ombra di questo evento ha adombrato il forum. «Quest’anno vi erano meno partecipanti, ma soprattutto l’attentato ha costretto gli organizzatori a rafforzare i sistemi di sicurezza e la gente ha dovuto spesso attendere pazientemente in coda per sottoporsi ai controlli», prima di poter accedere al campus universitario dove si sono tenuti dibattiti, conferenze o workshop, rileva il sindacalista. Sulle strade soprattutto del centro città si notava maggiormente la presenza della polizia. L’incontro è stato comunque ancora una volta una buona occasione per tastare il polso e incontrare numerosi esponenti del mondo del lavoro o impegnati in progetti per migliorare la situazione in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Quest’anno era molto visibile la partecipazione dell’Unione dei diplomati disoccupati, che solo in Tunisia sono 350’000.
L’incubo del fracking
Tanti i temi affrontati al Forum sociale. Sul fronte dell’ecologia a preoccupare molto sono i cambiamenti climatici, ma si è discusso anche di fracking, che non viene praticato solo negli Stati Uniti o in Canada, ma anche sempre più nelle zone desertiche del Sahara, ponendo a rischio importanti risorse idriche. Altri hanno posto l’accento sulla problematica dei Call Center e le relative condizioni di lavoro. Unia ha proposto un workshop sulle migrazioni, un tema importante soprattutto per i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Con l’arrivo della bella stagione molti africani, ma anche siriani o asiatici salgono su imbarcazioni di fortuna per emigrare verso l’Europa, come lo testimoniano anche i recenti numerosi sbarchi in Sicilia o Grecia. Un viaggio costoso e rischioso che può trasformarsi in tragedia come è avvenuto sabato scorso nelle acque del Mediterraneo. Si parla di un bilancio di 800 morti.
«I partecipanti al nostro seminario, una quarantina di persone, ci hanno posto molte domande concrete. Volevano sapere per esempio com’è la situazione in Svizzera, come si può ottenere un lavoro e se i bimbi dei sans-papiers possono andare a scuola», precisa Hofstetter rilevando come il tema della migrazione, ma anche quello delle imbarcazioni che partono dall’Africa, sia stato trattato anche in altre conferenze. In proposito i rappresentanti di sindacati europei e tunisini hanno sottolineato la necessità di creare un coordinamento intersindacale per permettere a chi arriva in Europa di essere meglio protetto contro lo sfruttamento.
Tanta solidarietà
Il Forum è stato anche un momento per manifestare e per solidarizzare con la popolazione locale. «La gente per strada ci ha ringraziato per essere andati a Tunisi malgrado il recente attentato», rileva il sindacalista che ha partecipato insieme ai colleghi svizzeri ai cortei di apertura e chiusura lungo le strade della capitale. I partecipanti si sono alla fine dati appuntamento per l’anno prossimo in agosto in Canada. «Non tutti erano d’accordo con questa scelta. Si tratta infatti di un radicale cambiamento per un forum nato come opposizione al simposio di Davos», che raggruppa ogni anno in gennaio rappresentanti del mondo politico ed economico mondiale. «Molti hanno fatto notare che non potranno venire a causa degli alti costi del viaggio e dell’alloggio, ma anche perché avranno difficoltà ad ottenere un visto dalle autorità», rileva Hofstetter. La scelta per la prima volta di un Paese industrializzato è avvenuta con l’intenzione di sottolineare il fatto che anche qui cresce sempre più la povertà e il numero dei working poor, persone che pur lavorando al 100 % hanno un reddito troppo basso per riuscire a sbarcare il lunario.