In alcuni rami professionali quali l’industria dell’abbigliamento o la fabbricazione di macchinari la disparità salariale supera il 21%. Nelle attività professionali, scientifiche e tecniche le donne guadagnano addirittura fino a 2658 franchi in meno rispetto agli uomini.
Le conseguenze per le donne sono gravi: non possono partecipare nella stessa misura alla vita pubblica e le spese impreviste fanno vacillare i loro bilanci. E dopo il pensionamento rischiano di precipitare nella povertà.
Nell’industria alberghiera e della ristorazione la discriminazione salariale ammonta a 443 franchi ed è quindi sorprendentemente bassa: questo dato mostra che nei rami coperti da contratti collettivi di lavoro (CCL) dichiarati di obbligatorietà generale che prescrivono salari minimi le differenze salariali sono minori.
Nella metà dei casi la disparità salariale non dipende dal ramo professionale, dal lavoro svolto o dalla formazione. A parità di formazione ed esperienza, le donne guadagnano sensibilmente meno rispetto agli uomini. Questi dati dimostrano che la discriminazione sessista rappresenta ancora un grande problema.
La Costituzione federale sancisce la parità salariale tra donna e uomo. Ma soltanto le 500 aziende più grandi con un organico superiore a 100 dipendenti analizzano i propri salari. Numerose piccole e medie imprese (PMI) non lo fanno, benché dalle statistiche emerga che è proprio qui che il divario retributivo tra uomini e donne è maggiore. L’aspetto particolarmente preoccupante è che non esistono sanzioni per le aziende che discriminano le donne in termini retributivi.
Per garantire che le donne ottengano finalmente salari equi, Unia formula le seguenti rivendicazioni:
La parità salariale è un diritto fondamentale. Ma in assenza di controlli e sanzioni più severi, la parità resta una vana promessa. I salari equi diventeranno una realtà solo in presenza di una vera volontà e di misure chiare!